Poesie (Campanella, 1938)/Scelta di alcune poesie di Settimontano Squilla/87. Appendice di tre Elegie fatte con misura latina

87. Appendice di tre Elegie fatte con misura latina

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87. Appendice di tre Elegie fatte con misura latina
Scelta di alcune poesie di Settimontano Squilla - 86. Salmodia, che invita la terra e le cose in quella nate a lodar Dio Ecloga in principis Galliarum Delphini admirandam nativitatem
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APPENDICE

DELLE TRE ELEGIE FATTE CON MISURA LATINA

87

AL SENNO LATINO

Ch’e’ volga il suo parlare e misura di versificare
dal latino al barbaro idioma

Musa latina, è forza che prendi la barbara lingua:
quando eri tu donna, il mondo beò la tua.
Volgesi l’universo: ogni ente ha certa vicenda,
libero e soggetto ond’ogni paese fue.
5Cogliesi dal nesto generoso ed amabile pomo.
Concorri adunque al nostro idioma nuovo.
Tanto piú, che il fato a te die’ certo favore,
perché, comunque soni, d’altri imitata sei.
D’Italia augurio antico e mal cognito, ch’ella
10d’imperii gravida e madre sovente sia.
Musa latina, vieni meco a canzone novella:
te al novo onor chiama quinci la squilla mia,
sperando imponer fine al miserabile verso,
per te tornando al giá lagrimato die.
15Al novo secol lingua nova instrumento rinasca:
può nova progenie il canto novello fare.

Questi versi sono fatti con la misura latina elegantemente; cosa insolita in Italia. Notasi che bisogna accommodarsi al tempo, e che i latini s’abbassino alla lingua introdotta da’ barbari in Italia; e la loda ch’è mista, com’inserto chi fa meglior frutto, e ch’Italia sempre [p. 189 modifica]è imitata, comunque ella parli. Il che è segno e causa d’imperio, perché l’imitato dona legge agl’imitanti. Poi si vede che, facendo novelle rime e modi di poetare, sperava dar fine al vecchio secolo, in cui piangeva intra la fossa, ecc.

88

Salmo cxi

BEATUS VIR QUI TIMET ecc.

Quegli beato è, del Signor c’ha santa temenza;
sicuro e lieto il fa sua legge pia.
Di costui in terra alligna il seme potente,
del giusto il germe ognor benedetto fia.
5Ne’ cui bei tetti ricchezza e gloria abonda,
in tutti tempi alberga la giustizia.
Pur nelle tenebre a’ santi il bel lume si mostra
del pietoso Dio splendido tuttavia.
Giocondo è sempre il donator largo e benigno;
10dal buon giudizio non si rimove mai.
Il suo nome mai non potrá estinguere morte,
né mala fede teme, e vittorioso vola.
Sta nel Signor fermo e sempre di speme ripieno:
non si movrá innanzi ch’ogni nemico pèra.
15Il suo divise, e mangiâro i poveri amici;
gloria subblima il corno potente suo.
Il che vedendo poi, il peccator tristo s’adira,
dibatte i denti, e pur rabioso crepa.
Del giusto, ancor che al tardo, il disegno riesce,
20e de’ malvagi l’empia voglia père.

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89

AL SOLE 1

Nella primavera per desio di caldo

M’esaudí al contrario Giano. La giusta preghiera
dirízzola a te, Febo, ch’orni la scola mia.
Veggoti nell’Ariete, levato a gloria, ed ogni
vital sostanza or emola farsi tua.
5Tu subbiimi, avvivi e chiami a festa novella
ogni segreta cosa, languida, morta e pigra.
Deh! avviva coll’altre me anche, o nume potente,
cui piú ch’agli altri caro ed amato sei.
Se innanzi a tutti, te, Sole altissimo, onoro,
10perché di tutti piú, al buio, gelato tremo?
Esca io dal chiuso, mentre al lume sereno
d’ime radici sorge la verde cima.
Le virtú ascose ne’ tronchi d’alberi, in alto
in fior conversi, a prole soave tiri.
15Le gelide vene ascose si risolvono in acqua
pura, che, sgorgando lieta, la terra riga.
I tassi e ghiri dal sonno destansi lungo;
a minimi vermi spirito e moto dai.
Le smorte serpi al tuo raggio tornano vive:
20invidio misero tutta la schera loro.
Muoiono in Irlanda per mesi cinque, gelando,
gli augelli, e mò pur s’alzano ad alto volo.
Tutte queste opere son del tuo santo vigore,
a me conteso, fervido amante tuo.
25Credesi ch’ogge anche Giesu da morte resurse,
quando me vivo il rigido avello preme.

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L’olive secche han da te pur tanto favore:
rampolli verdi mandano spesso sopra.
Vivo io, non morto, verde e non secco mi trovo,
30benché cadavero per te seppelito sia.
Scrissero le genti, a te senso e vita negando,
e delle mosche fecerti degno meno2.
Scriss’io ch’egli erano eretici, a te ingrati e ribelli;
m’han sotterrato, vindice fatto tuo.
35Da te le mosche e gl’inimici prendono gioia;
esserti, se séguiti, mosca o nemico meglio è.
Nullo di te conto si fará, se io spento rimango:
quel tuo gran titolo meco sepolto fia.
Tempio vivo sei, statua e venerabile volto,
40del verace Dio pompa e suprema face.
Padre di natura e degli astri rege beato,
vita, anima e senso d’ogni seconda cosa 3;
sotto gli auspici di cui, ammirabile scola
al Primo Senno filosofando fei.
45Gli angelici spirti in te fan lietissima vita 1
a sí gran vite viva si deve casa.
Cerco io per tanti meriti quel candido lume,
ch’a nullo mostro non si ritenne mai.
Se ’l fato è contra, tu appella al Principe Senno,
50ch’al simolacro suo grazia nulla nega.
Angelici spirti, invocate il principe Cristo,
del mondo erede, a darmi la luce sua.
Omnipotente Dio, gli empi accuso ministri,
ch’a me contendon quel che benigno dai.
55Tu miserere, Dio, tu che sei larghissimo fonte
di tutte luci: venga la Luce Tua 4.

1. Il sole è insegna della semblea d’esso autore. Tutti gli effetti che fa il sole la primavera.

2. Dicono molti che la mosca è piú nobile del sole perché ha anima. E l’autore dice che il sole è tutto senso e vita, e la dá agli enti bassi.

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3. Titoli del sole, dati dall’autore.

4. Solo desidera vedere la luce del sole, che, dentro alla fossa stando, non potea veder mai. E dice al sole che, s’e’ non può, egli appelli a Dio, Primo Senno; e cosí si volge a Dio dal sole, e prega che gli dia la sua luce, che gli negano i ministri della giustizia finta in terra, ecc.