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Paulo Vcello - IV Paulo Vcello - VI
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CAP. V.


Della mormorazione che fece Paulo, il quale avrebbe pur voluto alcun uccellino vivo


Pensava: «Io sono delle pecorelle,
Madonna Povertà, di tua pastura.
3E qui non ha nè fanti nè fancelle.

E vivo di pan d’orzo e d’acqua pura.
E vo come la chiocciola ch’ha solo
6quello ch’ha seco, a schiccherar le mura.

Oh! non voglio un podere in Cafaggiolo,
come Donato: ma un cantuccio d’orto
9sì, con un pero, un melo, un azzeruolo.

Ch’egli è pur, credo, il singolar conforto
un capodaglio per chi l’ha piantato!
12Basta. Di bene, io ho questo in iscorto,

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dipinto a secco. E s’io non son Donato,
son primo in far paesi, alberi, e sono
15pur da quanto chi vende uova in mercato.

Ora, al nome di Dio, Paulo di Dono
sta contento, poderi, orti, a vederli:
18ma un rosignolo io lo vorrei di buono.

Uno di questi picchi o questi merli,
in casa, che ci sia, non che ci paia!
21un uccellino vero, uno che sverli,

e mi consoli nella mia vecchiaia».