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Paulo Vcello Paulo Vcello - II
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CAP. I.

In prima come Paulo dipintore fiorentino
s’invogliò d’un monachino o ciuf-
folotto e non potè comprarlo
e allora lo dipinse


Di buona ora tornato all’abituro
Paulo di Dono non finì un mazzocchio
3ch’egli scortava. Dipingea sul muro

un monachino che tenea nell’occhio
dalla mattina, che con Donatello
6e ser Filippo era ristato a crocchio.

Quelli compravan uova. Esso un fringuello
in gabbia vide, dietro il banco, rosso
9cinabro il petto, e nero un suo mantello;

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nero un cappuccio ed un mantello indosso.
Paulo di Dono era assai trito e parco;
12ma lo comprava, se ci aveva un grosso.

Ma non l’aveva. Andò a dipinger l’arco
di porta a San Tomaso. E gli avveniva
15di dire: È un fraticino di San Marco.

Ne tornò presto. Era una sera estiva
piena di voli. Il vecchio quella sera
18dimenticò la dolce prospettiva.

Dipingea con la sua bella maniera
nella parete, al fiammeggiar del cielo.
21E il monachino rosso, ecco, lì era,

posato sopra un ramuscel di melo.