Note

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La buona novella - II In Occidente


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NOTE

alla prima edizione


I più vecchi di questi Poemi sono:


gog e magog (pag. 185) stampato nel Convito, Libro I, Roma — Gennaio 1895. Qui è con qualche aggiunta per chiarezza;
Alexandros (pag. 173), nel Convito, Libro II, Roma – Febbraio 1895;
Solon (pag. 3), nel Convito, Libro IV, Roma – Aprile 1895; e via via Il Cieco di Chio (pag. 9) e Ate (pag. 111), nella Vita Italiana, Roma;
Tiberio (pag. 179) nel Marzocco, Firenze;
Il sonno d’Odisseo (pag. 43), nella Nuova Antologia, Roma;
Sileno (pag. 127), nella Flegrea, Napoli;
La buona novella (pag. 197), nella Illustrazione Italiana (1899 e 1900), Milano, col titolo di Natività e l’Annunzio in Roma.
Recentemente comparvero La cetra d'Achille, nella Lettura, e le Memnonidi, in Atene e Roma.
Anticlo fu pubblicato dalla Flegrea, ma in forma diversa da questa: in esametri.


Rimando a miglior tempo una diligente notazione di fonti classiche. Il più dei lettori conosce la polla perenne Omerica, donde come rigagnoli derivano La cetra d’achille, Le Memnonidi, Anticlo (Od. IV 286 sgg.), Il sonno d'Odisseo, L’ultimo viaggio. In quest’ultimo [p. 214 modifica]mi sono ingegnato di metter d’accordo l’Od. XI 121-137 col mito narrato da Dante e dal Tennyson. Odisseo sarebbe, secondo la mia finzione, partito per l’ultimo viaggio dopo che s’era adempito, salvo che per l’ultimo punto, l’oracolo di Tiresia.

Derivano da Esiodo (Theog. e Op. et D.) sì alcuni canti dell’Ultimo viaggio (III Le gru nocchiere e IV Le gru guerriere) e sì, naturalmente, il Poeta degli Iloti. Poeta degli Iloti fu detto Esiodo da Cleomene Lacedemonio (v. Ael. V. H. XIII 19 e Dio Chrys. X. or. ii che attribuisce un simile giudizio ad Alessandro). Sono ispirati dal mito oltramondano nel Phaed. platonico i Poemi di Ate, II e III. Sileno prende le mosse da una notizia di Plinio (Hist. Nat. XXXVI 4,4). Deriva da Apuleio (Met. IV, V, VI), liberamente interpretato, dei Poemi di Psyche il I Psyche, e dal Phaed. di Platone il II La civetta. I vecchi di Ceo si fondano su una notizia bene attestata, su cui si veda il bel «Bacchilide» di Niccola Festa (Firenze, Barbèra 1888) a pag. XXII. In questo poema io faccio che Lachon, cantato da Bacchylide (VI), sia molto più vecchio di Argeios, pur cantato (I e II) dalla medesima isolana ape canora. L’inno di Lachon è inventato da me, con qualche reminiscenza simonidea e pindarica. L’inno invece di Argeios è traduzione, alquanto libera, dell’inno II, o, a dir meglio, preludio di Bacchylide. E dal I 9-16 sono tratti i particolari intorno al padre di Argeo Pantheidas.

Alexandros, che dispera di conquistare la luna, è nota tradizione. Per Tiberio, vedi Suet. Tib. VI. In Gog e Magog io fusi in una la leggenda della porta e quella delle trombe. Vedi la Prefazione del Grion ai Nobili fatti di Alessandro Magno (Bologna, Romagnoli 1872), e specialmente Roma nel Medio Evo di Arturo Graf (II vol. Appendice).


Pisa, giugno 1904.





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alla seconda edizione


Il quale Arturo Graf andava ricordato dopo Dante e Tennyson per il suo Ultimo viaggio di Ulisse, che è uno dei poemi delle sue Danaidi; poema, come tutti gli altri di quel nobilissimo spirito, superiore a ogni mia lode. E come potei dimenticarmene? Io non so. So che quel poeta è uno dei miei poeti, che quel maestro è uno dei miei maestri, e che da lui ebbi conforto e consiglio. E che ne lo amo.

L’unico poema nuovo di questa edizione, I gemelli, nasce da un racconto di Pausania (D. G. IX 31, 8) che dice: « C’è un’altra novella su lui (Narcisso)... che Narcisso aveva una sorella gemella, come nel rimanente al tutto somigliante di aspetto, così con capellatura uguale, e vestivano vesti simili, e andavano a caccia l’un con l’altra. E Narcisso amò la sorella, e come la fanciulla morì, esso andava alla fonte e capiva bensì che era la propria ombra che vedeva, ma pure così capendo, aveva un certo sollievo dell’amor suo, come se non credesse di veder l’ombra sua, ma l’imagine della sorella ».

Questi due gemelli, non giovani ma fanciulli, io ho cambiati tutti due nel leucoion vernum e nel galanthus nivalis, che si somigliano in verità, ma come un maschietto e una bambina che si somiglino. Sono due fiori del principio di primavera, e della famiglia delle Amarillidee, della quale è pure il Narciso.


Pisa, 17 maggio 1905.