Poema paradisiaco/Hortus conclusus/Nell'estate dei morti
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NELL’ESTATE DEI MORTI.
Guarda. Non ha la terra una pianura
più dolce. Sotto l’autunnale giorno
come regina sta, porpora e oro,
immemore de l’alta genitura.
5Alte le biade, se ricordi, in torno
fluttuavano come un mar sonoro,
avanzando la grande tua figura.
Guarda le nubi. Fendono leggère
talune il cielo come le galere
10un ellesponto cariche di rose
che si riversan pe’ ricurvi fianchi;
vanno talune come gloriose
quadrighe tratte da cavalli bianchi;
figurando la forza ed il piacere.
15Dense come tangibili velarii
scorrono il piano le lunghe ombre loro.
Entro splendonvi or sì or no le vigne
pampinee, le pergole, i pomarii,
e le foreste da la chioma insigne,
20e tutte quelle sparse cose d’oro,
come entro laghi azzurri e solitarii.
Guarda. Ti dà la terra tutti i suoi
pensieri. Lèggi. Mai per le sue forme
visibili ella espresse più profondi
25pensieri. (Io ben li leggo ora, da poi
che tu nel giorno più non mi nascondi
il sole.) Guarda come ella s’addorme
ne’ suoi pensieri. — Che faremo noi?
Oggi, per far più cupo il tuo pallore,
30per far più triste l’anima dolente,
evocherò, come più tristamente
non volli mai — con una melodia
infinita, continua, che sia
senza numero quasi — un grande amore
35passato, un grande lontano dolore.
Tendevi, ne la luce ultima, jeri
verso i tuoi fulvi alberi ancor vocali,
tendevi tu l’orecchio, — ti ricordi? —
proclive, come un musico che accordi
40una lira; ed a te l’ombre dei neri
capelli in fronte battevan come ali.
E parevi diffusa in quei misteri.
Or tu m’odi ne l’atto che mi piacque,
t’inclina al verso come a quel susurro
45di morienti nel letale occaso.
Rimanesti in ascolto quando tacque,
immota; e l’ora ti coprì d’azzurro
e di silenzio pia. Sole, nel vaso
marmoreo, per te piansero l’acque.
50Piansero quelle ch’eran sì canore!
Scendea l’azzurro col silenzio e il gelo
notturno, senza fine; senza fine
gli astri sgorgavan come adamantine
lacrime dal profondo cielo; e il cielo
55era lontano come un grande amore
passato, un grande lontano dolore.
Odimi, reclinata verso il suono.
L’anima imperiosa, dal suo trono
piegando verso me che parlo, m’oda.
60La farò triste come non fu mai.
Sol una volta almen tu piangerai,
tu che non ridi al verso che ti loda
e scuoti il capo quando io t’incorono.