Piccolo mondo moderno/Capitolo ottavo. Senza traccia/II
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Senza traccia
II
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Il pacco venuto dalla posta era in sala. Piero lesse sul timbro, accostandolo al lume:
Vena di Fonte Alta.
Lo posò e, prese le chiavi del Camposanto, disse a don Giuseppe che usciva per alcuni minuti. Rincasando, lo troverebbe alzato? Don Giuseppe si sentiva stanco e desiderava scrivere una lettera prima di coricarsi. A proposito di questa lettera: che intenzione aveva Piero? Don Giuseppe avrebbe desiderato partire presto e intanto
annunciare il suo arrivo.
“Faccia come crede„, rispose Piero, “scriva come vuole„.
Il vecchio riguardoso amico non osò domandare più in là.
Piero si avviò soletto al Camposanto. Il vento e il lago tacevano. Colonne di cipressi, frondose vette di ulivi, fronti di montagne nereggiavano sull’eguale albore del drappo sottile di nuvole. Il sentiero, il pendìo erboso a sinistra, i campicelli a destra lungo l’acqua dormente eran grigi di luna velata. Per via Piero non incontrò anima viva. Sugli scalini del Camposanto, presso al cancello, era inginocchiato un vecchione cencioso che, udito Piero salire, si alzò e guardatolo gli disse timidamente con un sorriso d’idiota, quasi: “S’era chí a di sü un poo de ben per i me vecc. Lù l’è ben el fiœu de la poera sciora Lüisa? La me n’a faa inscì tanto, del ben, la soa mamm! L’era ona gran donna!„
Avuta una copiosa elemosina se ne andò zoppicando e borbottando: “Vardé on poo, vardé on poo!„.
Piero aperse il cancello e, scopertosi il capo, entrò.
Quasi in faccia al cancello, a sinistra, nel muro addossato al monte stavano quattro lapidi di marmo bianco.
Nella prima era inciso:
la piccoletta veste gentile
di maria maironi.
Nella seconda:
ingegnere pietro ribera
grande cuore probo
in pace.
La Morte aveva disposto, con le sue discese ordinate, che la bambina soave e il vecchio uso tenerla sulle ginocchia,
cantarle “Ombretta, sdegnosa„ fossero ancora vicini.
Nella terza lapide si leggeva:
a franco
in dio
la sua luisa.
Nella quarta:
a luisa maironi rigey
piero maironi
ignaro dell'ascoso materno volto
sospirando
pose
1882.
Nella notte chiara i caratteri neri delle epigrafi si leggevano distintamente. A sinistra dell’ultima lapide la terra smossa indicava il riposo della povera Elisa.
Piero s’inginocchiò sull’erba e piegò il viso. Le sue labbra non si movevano, neppure una fibra della persona si moveva. Parve impietrato nella preghiera riverente, nell’attitudine di chi sentisse pendersi sul capo diafane mani benedicenti. Quando alzò il viso la luna era discesa occultamente al tramonto, il campo sacro e le mura si erano oscurate, le quattro epigrafi non si leggevano più, le mani benedicenti si erano raccolte su al loro soggiorno di mistero.