Per Cannatà Girolamo/I. Esordio
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ECC.MA CORTE D’APPELLO DELLE CALABRIE
(SEZIONE PENALE)
Questa non è una delle solite cause, in cui da una parte è l’offeso che chiede la condanna e dall’altra l’imputato che cerca l’assoluzione o la pena più mite, mentre, fra le due parti, sereno perchè rappresenta la Società, il Pubblico Ministero chiede, secondo coscienza, la condanna o l’assoluzione.
Questa invece è una causa in cui le parti contendenti sono le stesse Autorità giudiziarie e l’interesse particolare dell’offeso o dell’imputato sparisce di fronte al supremo interesse del prestigio della Giustizia.
Siamo davanti la Corte di Appello — e già altre due volte fummo davanti questa medesima Corte d’Appello. Tre volte fummo davanti al Tribunale di Palmi, una volta davanti la Cassazione, ed una volta davanti la Corte d’Appello di Napoli — ma questa causa è così meravigliosa che non è neppure cominciata!
Perchè? Perchè c’è un Tribunale — quello di Palmi — che non vuole fare questa causa.
Sarà un errore di buona fede, senza dubbio, ma dopo che la Cassazione quest’errore ha dichiarato, non riconoscerlo vuol dire che non si rispettano i giudicati, e la magistratura non può non rispettarli.
Sarà anche fatalità, perchè benchè la causa si trascini da tre anni, pure alle sentenze del Tribunale di Palmi prendono parte gli stessi magistrati! Quelli che hanno fatto la prima, fanno la seconda e la terza — in modo che potrebbe sembrare un’ammirevole ostinazione, ma la nostra ammirazione cessa quando l’ostinazione cerca di rendere nullo il pronunziato anzi il giudicato dei magistrati superiori. La Corte veda se è mai successo qualche cosa di simile.
Polimenì e Caracciolo sono da un’ordinanza del Giudice Istruttore rinviati al giudizio del Tribunale di Palmi — e questo, anche prima di procedere all’interrogatorio degli imputati, senza nulla conoscere dei fatti e del processo, prende occasione di un incidente sull’ammissibilità della parte civile ed entra nel merito (che nessuno ha discusso, che non fu delibato) e proclama un’assoluzione che neppure la difesa degli imputati aveva chiesto; però non si degna di dire nel dispositivo il perchè dell’assoluzione.
La Corte d’Appello di Catanzaro decideva, sull’appello del Pubblico Ministero, essere ammissibile la costituzione di parte civile —, e con ciò dichiarava implicitamente dovere il Tribunale procedere al dibattimento. Ma quando il Tribunale di Palmi vede davanti a sè per la seconda volta Polimeni, e Caracciolo, senza volere interrogarli, inorridisce del bis in idem ed esclama: non possumus.
Si torna in Corte d’Appello a Catanzaro, e siccome questa volta la Corte dette ragione al Tribunale, così si dovette occupare la Corte di Cassazione — e questa dette torto alla Corte di Appello e al Tribunale — rinviò alla Corte d’Appello di Napoli. Questa mandò al Tribunale di Palmi di procedere al dibattimento. Ma, il Tribunale di Palmi è deciso, è fermo, incrollabile; e rivedendo davanti a sè per la terza volta Polimeni e Caracciolo, esterrefatto, esclama: Ma che! Nessuno può imporre ad un Tribunale di procedere ad un giudizio che esso non vuol fare; il Tribunale dice di averlo fatto, mentre neppure l’ha principiato, e tanto basta.
Pare impossibile — eppure è vero.
È cosa di fin de siècle.
Ed ecco la storia meravigliosa di questa causa eccezionale dove da una parte stanno la Cassazione e la Corte d'Appello di Napoli e dall’altra il Tribunale di Palmi.
Siamo in tempi di ostruzionismo, ma questo non dev’essere poi tanto brutto e tanto sovversivo se lo fanno perfino i magistrati di un Tribunale!
La cosa sarebbe non solo meravigliosa, ma anche divertente, se non ci fossero di mezzo lo interesse delle parti e il prestigio stesso della giustizia.
I sottoscritti difensori del Cannatà, convinti che la semplice esposizione della questione basterà a farla decidere in modo che ognuno rispetti ed esegua i giudicati del magistrato superiore, riportano le sentenze, astenendosi dal fare facili e dolorosi commenti.
Sunt lacrimæ rerum!...