Pensieri e discorsi/Il fanciullino/I
Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | Il fanciullino | Il fanciullino - II | ► |
I.
È dentro noi un fanciullino1 che non solo ha brividi, come credeva Cebes Tebano che primo in sè lo scoperse, ma lagrime ancora e tripudi suoi. Quando la nostra età è tuttavia tenera, egli confonde la sua voce con la nostra, e dei due fanciulli che ruzzano e contendono tra loro, e, insieme sempre, temono sperano godono piangono, si sente un palpito solo, uno strillare e un guaire solo. Ma quindi noi cresciamo, ed egli resta piccolo; noi accendiamo negli occhi un nuovo desiderare, ed egli vi tiene fissa la sua antica serena maraviglia; noi ingrossiamo e arrugginiamo la voce, ed egli fa sentire tuttavia e sempre il suo tinnulo squillo come di campanello. Il quale tintinnio segreto noi non udiamo distinto nell’età giovanile forse così come nella più matura, perchè in quella occupati a litigare e perorare la causa della nostra vita, meno badiamo a quell’angolo d’anima d’onde esso risuona. E anche, egli, l’invisibile fanciullo, si pèrita vicino al giovane più che accanto all’uomo fatto e al vecchio, chè più dissimile a sè vede quello che questi. Il giovane in vero di rado e fuggevolmente si trattiene col fanciullo; chè ne sdegna la conversazione, come chi si vergogni d’un passato ancor troppo recente. Ma l’uomo riposato ama parlare con lui e udirne il chiacchiericcio e rispondergli a tono e grave; e l’armonia di quelle voci è assai dolce ad ascoltare, come d’un usignuolo che gorgheggi presso un ruscello che mormora.
O presso il vecchio grigio mare. Il mare è affaticato dall’ansia della vita, e si copre di bianche spume, e rantola sulla spiaggia. Ma tra un’ondata e l’altra suonano le note dell’usignuolo ora singultite come un lamento, ora spicciolate come un giubilo, ora punteggiate come una domanda. L’usignuolo è piccolo, e il mare è grande; e l’uno è giovane, e l’altro è vecchio. Vecchio è l’aedo, e giovane la sua ode. Väinämöinen è antico, e nuovo il suo canto2. Chi può imaginare, se non vecchio l’aedo e il bardo? Vyàsa è invecchiato nella penitenza e sa tutte le cose sacre e profane. Vecchio è Ossian, vecchi molti degli skaldi. L’aedo è l’uomo che ha veduto (oîde) e perciò sa, e anzi talvolta non vede più; è il veggente (aoidós) che fa apparire il suo canto3.
Non l’età grave impedisce di udire la vocina del bimbo interiore, anzi invita forse e aiuta, mancando l’altro chiasso intorno, ad ascoltarla nella penombra dell’anima4. E se gli occhi con cui si mira fuor di noi, non vedono più, ebbene il vecchio vede allora soltanto con quelli occhioni che son dentro lui, e non ha avanti sè altro che la visione che ebbe da fanciullo e che hanno per solito tutti i fanciulli. E se uno avesse a dipingere Omero, lo dovrebbe figurare vecchio e cieco, condotto per mano da un fanciullino, che parlasse sempre guardando torno torno. Da un fanciullino o da una fanciulla: dal dio o dall’iddia: dal dio che sementò nei precordi di Femio quelle tante canzoni, o dell’iddia cui si rivolge il cieco aedo di Achille e di Odisseo5.
Note
- ↑ Plat. Phaed. 77 E. E Cebes con un sorriso, “Come fossimo spauriti,„ disse “o Socrate, prova di persuaderci; o meglio non come spauriti noi, ma forse c’è dentro anche in noi un fanciullino che ha timore di siffatte cose: costui dunque proviamoci di persuadere a non aver paura della morte come di visacci d’orchi„.
- ↑ Che Femio sia vecchio, non si dichiara da Omero con parola espressa, ma indirettamente con l’epiteto periclytós (Od. 1, 325) comune all’altro aedo Demodoco (ib. 8, 521 e al.), e specialmente con ciò che Femio stesso afferma di sè (ib. 22, 347):
- Sono maestro a me io, chè un dio piantommi nel cuore
- Ogni ragione di canti...
- Femio, poi che sai molt’altre malie de le genti,
- Opere d’uomini e dei...
- Poi che gli uomini pregiano ed amano più quel canto
- che il più nuovo all’intorno de li ascoltanti risuoni. Quanto a Väinämöinen, ricordo da quel meraviglioso frammento di versione dovuto al mio P.E. Pavolini (Sul limitare, pag 75 seg.):
L’antico e verace Väinämöinen
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Quindi l’antico Väinämöinen
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
quando udirono il nuovo canto,
sentirono il dolce suono. - ↑ Od. 8, 499; phaîne d’aoidén.
Badiamo che io non intendo affermare l’etimo di aeidein da a privativo e vid- vedere. No: intendo asseverare che codesto etimo era presente agli antichi cantori. Si confrontino i due versi di Od. 1, 337 seg. che terminano il primo con oîdas e il secondo con aoidoi. Si mediti il 64 di 8: Degli occhi, sì, lo privò, ma gli dava la soave aoidèn. Si ripensi l’espressione su riferita: mostrava l’aoidèn. Persino, oso dire, giova osservare, riguardo l’accecamento di Polifemo, mangiator d’uomini e bevitor di vino, che polyphemos, oltre a essere il nome del terribile Ciclope, è epiteto dell’aoidós Femio (22, 376), Phèmios il cui nome somiglia del resto a quello di Polyphemos. E il Ciclope che mostra nella Odissea la sua musicalità solo quando (9, 315):musicalità che del resto è nel suo nome, se esso vale, come in 2, 150, “pieno di sussurri o di voci„, il Ciclope è presso Teocrito un dolce cantor d’amore, e nessuno dei Ciclopi sa sonar la piva come lui (Theocr. Id., 11).egli con sufolo molto parava le pecore al monte,
- ↑ Ricordo che tutto porta a credere che la Comedia sia stata cominciata dal poeta nell’anno quadragesimo ottavo della sua età, o dopo. E quello è il poema della contemplazione, opposta alla vita attiva.
- ↑ Così in vero lo rappresentò il Manzoni con le Muse (bastava una) che l’accompagnano “la mal fida Con le destre vocali orma reggendo„.