Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/881

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[p. 237 modifica] dello stato, della indipendenza, e della grandezza della patria. Lo straniero non era considerato come proprio simile. La sfera dei prossimi, la sfera dei doveri, della giustizia, dell’onesto, delle virtú, dell’onore, della gloria stessa, e dell’ambizione, delle leggi ec., tutto era rinchiuso dentro i limiti della propria patria, e questa sovente non si estendeva piú che una città. Il diritto delle genti non esisteva, o in piccolissima parte e per certi rapporti necessari e dove il danno sarebbe stato comune se non avesse esistito.

La nazione ebrea cosí giusta, anzi scrupolosa nell’interno, e rispetto a’ suoi, vediamo nella scrittura come si portasse verso gli stranieri. Verso questi ella non avea legge; i precetti del Decalogo non la obbligavano se non verso gli Ebrei: ingannare, conquistare, opprimere, uccidere, sterminare, derubare lo straniero, erano oggetti di valore e di gloria in quella nazione, come in tutte le altre; anzi era oggetto anche di legge, giacché si sa che la conquista di Canaan fu fatta per ordine divino, e cosí cento altre guerre, spesso nell’apparenza ingiuste, co’ forestieri. Ed anche oggidí [p. 238 modifica]gli ebrei conservano, e con ragione e congruenza, questa opinione, che non sia peccato l’ingannare o far male comunque all’esterno, che chiamano, e specialmente il cristiano, Goi (גוי)