<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/647&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20130712193632</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/647&oldid=-20130712193632
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 647 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 111modifica] misura dell’amore che il vivente porta a se stesso. Quindi nessun piacere può soddisfare il vivente. Se non lo può soddisfare, nessun piacere, ancorché reale astrattamente e assolutamente, è reale relativamente a chi lo prova. Perché questi desidera sempre di piú, giacché per essenza si ama, e quindi senza limiti. Ottenuto anche di piú, quel di piú similmente non gli basta. Dunque nell’atto del piacere o nella felicità, non sentendosi soddisfatto, non sentendo pago il desiderio, il vivente non può provar pieno piacere; dunque non vero piacere perché inferiore al desiderio e perché il desiderio soprabbonda. Ed eccoti la tendenza naturale e necessaria dell’animale all’indefinito, a un piacere senza limiti. Quindi il piacere che deriva dall’indefinito, piacere sommo possibile, ma non pieno, perché l’indefinito non [p. 112modifica]si possiede, anzi non è. E bisognerebbe possederlo pienamente, e al tempo stesso indefinitamente, perché l’animale fosse pago, cioè felice, cioè l’amor proprio suo che non ha limiti, fosse definitamente soddisfatto: cosa