Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/647

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[p. 111 modifica] misura dell’amore che il vivente porta a se stesso. Quindi nessun piacere può soddisfare il vivente. Se non lo può soddisfare, nessun piacere, ancorché reale astrattamente e assolutamente, è reale relativamente a chi lo prova. Perché questi desidera sempre di piú, giacché per essenza si ama, e quindi senza limiti. Ottenuto anche di piú, quel di piú similmente non gli basta. Dunque nell’atto del piacere o nella felicità, non sentendosi soddisfatto, non sentendo pago il desiderio, il vivente non può provar pieno piacere; dunque non vero piacere perché inferiore al desiderio e perché il desiderio soprabbonda. Ed eccoti la tendenza naturale e necessaria dell’animale all’indefinito, a un piacere senza limiti. Quindi il piacere che deriva dall’indefinito, piacere sommo possibile, ma non pieno, perché l’indefinito non [p. 112 modifica]si possiede, anzi non è. E bisognerebbe possederlo pienamente, e al tempo stesso indefinitamente, perché l’animale fosse pago, cioè felice, cioè l’amor proprio suo che non ha limiti, fosse definitamente soddisfatto: cosa