<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/4230&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20190918141608</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/4230&oldid=-20190918141608
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 4230 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 163modifica] egli portava della cosa; né piú né meno come s’io fossi incapace di giudicarne; e vedendolo o veramente o nell’apparenza non turbato, mi sono ordinariamente riconfortato d’animo sopra modo, con una assolutamente cieca sommissione alla sua autorità, o fiducia nella sua provvidenza. E trovandomi lontano da lui, ho sperimentato frequentissime volte un sensibile, benché non riflettuto, desiderio di tal rifugio. Ed è cosa mille volte osservata e veduta per prova come gli uomini di guerra, anche esperimentatissimi e veterani, sogliano pendere nei pericoli, nei frangenti, nelle calamità della guerra, dalle opinioni, dalle parole, dagli atti, dal volto, di qualche lor capitano, eziandio giovane e immaturo, che si abbia guadagnato la lor confidenza; e secondo che veggono, o credono di veder fare a lui, sperare o temere, dolersi o consolarsi, pigliar animo o perdersi di coraggio. Onde suol tanto giovare nel capitano la fermezza d’animo, e la dissimulazione del dolore o del timore nei casi ov’è sommamente da temere o dolersi. E questa qualità dell’uomo è ancor essa una delle cagioni per cui tanto universalmente e cosí volentieri si è abbracciata e tenuta, come ancor si tiene, la opinione [p. 164modifica]di un Dio provvidente, cioè di un ente superiore a noi di senno e intelletto, il qual disponga ogni nostro caso, e indirizzi ogni nostro affare, e nella cui provvidenza possiamo riposarci dell’esito delie cose nostre (9 dicembre, Vigilia della Venuta della S. Casa di Loreto, 1826; Recanati). La credenza di un ente senza misura piú savio e piú conoscente di noi, il quale dispone e conduce di continuo tutti gli avvenimenti, e tutti a fin di bene, eziandio quelli che hanno maggior sembianza di mali per noi, e che veglia sulla nostra sorte; e tutto ciò con ragioni e modi a noi sconosciuti, e che noi non possiamo in guisa alcuna scoprire né intendere, di maniera che non dobbiamo darcene pensiero veruno; questa credenza è agli uomini universalmente, e massime ai deboli ed infelici, un conforto maggior d’ogni altro possibile: il qual conforto non da altro procede, né consiste in altro, che un riposo, uno acquetamento, ed una confidenza