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di farlo, com’era naturale, nella piú nobile delle creature terrestri, abbia voluto assoggettarla ad una prova e permettere la sua corruzione e infelicità temporale, la quale ha dato luogo a tutta quella manifestazion di Dio, ch’é seguita dall’incremento della ragione umana, alla redenzione ec. Manifestazione che non avrebbe avuto luogo se l’uomo avesse conservato il suo grado e felicità naturale, ancorché piú perfetto, relativamente alla sua natura. Questa supposizione è conforme non solo alla ragione, ma espressamente al cristianesimo, il quale insegna (e non può altrimenti) che Dio permise il peccato dell’uomo per sua maggior gloria. Ora, secondo lo stesso cristianesimo, era certamente meglio che l’uomo non peccasse: ed egli sarebbe rimasto piú perfetto e piú buono non peccando, e non corrompendosi, e questo gli era destinato primordialmente. Eppure Iddio permise che peccasse. Dunque secondo lo stesso Cristianesimo, Dio permise un effettivo male per un bene: permise una cosa contraria alla destinazione dell’uomo. Dunque questa destinazione era meno atta alla gloria di Dio, secondo i suoi misteriosi giudizi.