<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/3951&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20190219192434</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/3951&oldid=-20190219192434
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 3951 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 323modifica] da cui ogni piccola cosa distoglie l’animo, applicandolo a un altro, e per la forza stessa con cui questa seconda attenzione succede alla prima, cancellando la forza di questa, rende nulla o scarsissima la memoria, deboli e poche le reminiscenze. E cosí la stessa facilità e forza eccessiva di attendere produce o include l’incapacità di attendere, e cosí suol essere chiamata, benché abbia veramente origine dal suo contrario, cioè dalla troppa capacità di attendere (come sempre il troppo dà origine o equivale e coesiste al nulla, alla sua qualità o cosa contraria); e l’eccesso della facoltà di attendere si riduce alla mancanza o alla scarsezza di questa facoltà, secondo che detto eccesso è maggiore o minore. Ciò ha luogo principalmente, per regola e ordine di natura, ne’ fanciulli. Laddove una sensazione ec., una sola volta ricevuta ed attesa, basta sovente alla reminiscenza anche piú viva, salda, chiara, piena e durevole, essa medesima mille volte ripetuta e non mai attesa non basta alla menoma [p. 324modifica]reminiscenza, o solo a una reminiscenza debole, oscura, confusa, scarsa, manchevole, breve e passeggera. Perciò venti ripetizioni non bastano a chi non attende per fargli imparare una cosa, che da chi attende è imparata talora dopo una sola volta o con pochissime ripetizioni estrinseche ec. (7 decembre, Vigilia della Concezione, 1823).