[p. 304 modifica] stretta. E meno stretta in quelle specie in cui l’odio degl’individui, come individui, verso i lor simili, era per natura della specie maggiore in potenza, e riducendosi in atto, ed avendo effetto, avrebbe piú nociuto alla conservazione e felicità della specie: nel che fra tutti i viventi l’odio degl’individui umani verso i lor simili occupa, per natura loro e dell’altre specie, il supremo grado. In questa forma adunque la natura regolò infatti proporzionatamente le relazioni scambievoli e la società degl’individui delle varie specie, e tra queste dell’umana; e dispose che cosí dovessero stare, e lo procurò, e mise ostacoli perché non succedesse altrimenti. Sicché la società stretta, massime fra gl’individui umani, si trova, anche per questa via d’argomentazione, essere per sua essenza, e per essenza e ragion delle cose, direttamente contraria alla natura e ragione, non pur particolare, ma universale ed eterna, secondo cui le specie tutte debbono tendere e servire quanto è in loro alla propria conservazione e felicità, doveché la specie umana in istato di società stretta necessariamente (e il prova sí la ragione sí ’l fatto di tutti i secoli sociali) non pur non serve ma nuoce alla propria conservazione e felicità, e serve quasi quanto è in lei alla propria distruzione e infelicità essa medesima: cosa di cui non vi può essere la piú contraddittoria in se stessa, e la piú ripugnante alla ragione, ordine, principii, natura, non men particolare della specie umana e di ciascuna specie di esseri, che universale e complessiva di tutte le cose, e della esistenza medesima, non che della vita (27 novembre 1823).