[p. 243 modifica] quel pochissimo che noi siamo mossi. Se noi non siamo ancora dopo un sí rapido corso del resto d’Europa allo stato e grado in cui era la civiltà umana due o tre secoli addietro, (e gli spagnuoli vi sono quasi ancora, e noi siam pure addietro delle altre nazioni), son gli stranieri soli che ci hanno portati avanti. Noi non abbiam fatto un passo nella carriera, né abbiamo nulla contribuito all’avanzamento degli altri, come gli altri hanno fatto ciascuno per la sua parte. Noi non abbiam camminato, noi siamo stati trasportati e spinti. Noi siamo e fummo affatto passivi. Quindi è ben naturale che noi siam passivi nella lingua eziandio, la quale segue sempre e corrisponde perfettamente alle cose. Noi abbiam pochissima conversazione, ma questa pochissima è straniera; conversazione italiana non esiste; quindi è ben naturale che la conversazione d’Italia non sia fatta in lingua italiana, e tutto ciò che ad essa appartiene, e questo è moltissimo, e di generi assai moltiplice, e coerente con molte parti della vita, costumi, letteratura ec., sia espresso in voci straniere, e non abbia in italiano parole né modi che lo significhino. Noi non possiamo avere lingua propria moderna perché oggi non viviamo in noi, ma quanto viviamo è in altrui, e per altrui mezzo, e di vita altrui, ed anima e spirito e fuoco non nostro. Poiché la vita ci vien d’altronde, è ben naturale che di fuori, e non altrimenti, ci venga la lingua che in questa vita usiamo. E così dico della letteratura. E quel che dico dell’Italia, dico