Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/3837

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*   Il giovane che al suo ingresso nella vita, si trova, per qualunque causa e circostanza ed in qual che sia modo, ributtato dal mondo, innanzi di aver deposta la tenerezza verso se stesso, propria di quell’età, e di aver fatto l’abito e il callo alle contrarietà, alle persecuzioni e malignità degli uomini, agli oltraggi, punture, smacchi, dispiaceri che si ricevono nell’uso della vita sociale, alle sventure, ai cattivi successi nella società e nella vita civile; il giovane, dico, che o da’ parenti, come spesso accade, o da que’ di fuori, si trova ributtato ed escluso dalla vita, e serrata la strada ai godimenti (di qualsivoglia sorta) o piú che agli altri o al comune de’ giovani non suole accadere; o tanto che tali ostacoli vengano ad essere straordinarii e ad avere maggior forza che non sogliono, a causa di una sua non ordinaria sensibilità, immaginazione, suscettibilità, delicatezza di spirito e d’indole, vita interna, e quindi straordinaria tenerezza verso se stesso, maggiore amor proprio, maggiore smania e bisogno di felicità e di godimento, maggior capacità e facilità di soffrire, maggior delicatezza sopra ogni offesa, ogni danno, ogn’ingiuria, ogni disprezzo, ogni puntura ed ogni lesione del suo amor proprio: un tal giovane trasporta e rivolge bene spesso tutto l’ardore e la morale e fisica forza o generale della sua età, o particolare della sua indole, o l’uno e l’altro insieme, tutta, dico, questa forza e questo ardore che lo spingevano verso la felicità, l’azione, la vita, ei la rivolge a procurarsi l’infelicità, l’inattività, la morte morale.