<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2626&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20151205204613</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2626&oldid=-20151205204613
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 2626 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 342modifica][p. 343modifica]non consideravano queste come loro simili, e quindi non attribuivano loro nessun diritto, né si stimavano obbligate ad esercitar cogli esteri la giustizia distributiva ec., se non in certi casi, convenuti generalmente per necessità, come dire l’osservazion de’ trattati, l’inviolabilità degli araldi ec., cose tutte la ragion delle quali appoggiavano favolosamente alla religione, come quelle che da una parte erano necessarie volendo vivere in società, dall’altra non avevano alcun fondamento nella pretesa legge naturale. Quindi gli araldi amici e diletti di Giove presso Omero ec., quindi il violare i trattati era farsi nemici gli Dei (vedi Senofonte in Agesilao) ec. Ho citato l’Epitafios attribuito a Demostene per provare che questa falsa ma naturale idea della superiorità loro ec. ec. sulle altre nazioni, la confermavano