Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/2624
Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | 2623 | 2625 | ► |
che scrissero in greco (eccetto quelli delle colonie, come Arriano, Dionigi Alicarnasseo ec.), alcuni Galli non marsigliesi né d’altra colonia greco-gallica (come Favorino), alcuni africani, massime egiziani (perché nel resto dell’Affrica, esclusa la Cirenaica, trionfò la lingua latina, ma come lingua de’ letterati e del governo ec., non come popolare, per quanto sembra), alcuni italiani (come Marcaurelio) ec. ec. (9 settembre 1822). Questo appunto fu quello che la lingua latina non ottenne mai, o quasi mai, cioè d’esser bene intesa, parlata, letta, scritta da quelli che non la usavano quotidianamente come propria, e cosí si deve intendere il citato luogo di Cicerone, latina suis finibus, exiguis sane, continentur. Pur non erano tanto ristretti neppur allora, quanto all’uso quotidiano, essendo già stabilito il latino in Affrica ec.
* Visto non è altro che una contrazione del participio visitus (come quisto di quesitus in ispagnuolo) ignoto agli scrittori latini (14 settembre 1822).
* Per la dissertazione dell’antico volgare latino vedi, fra gli altri, il Pontedera, Antiquitatum latinarum graecarumque enarrationes atque emendationes. Patav., Manfrè, typis Seminarii, 1740, 4°., epist. 1,2, principalmente (15 settembre, dí della B. V. Addolorata, 1822). Vedi anche il Lanzi, Saggio sulla lingua etrusca.
* Ho detto in piú luoghi che l’opinione è signora degli individui e delle nazioni, che