Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/2624

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[p. 341 modifica] che scrissero in greco (eccetto quelli delle colonie, come Arriano, Dionigi Alicarnasseo ec.), alcuni Galli non marsigliesi né d’altra colonia greco-gallica (come Favorino), alcuni africani, massime egiziani (perché nel resto dell’Affrica, esclusa la Cirenaica, trionfò la lingua latina, ma come lingua de’ letterati e del governo ec., non come popolare, per quanto sembra), alcuni italiani (come Marcaurelio) ec. ec. (9 settembre 1822). Questo appunto fu quello che la lingua latina non ottenne mai, o quasi mai, cioè d’esser bene intesa, parlata, letta, scritta da quelli che non la usavano quotidianamente come propria, e cosí si deve [p. 342 modifica]intendere il citato luogo di Cicerone, latina suis finibus, exiguis sane, continentur. Pur non erano tanto ristretti neppur allora, quanto all’uso quotidiano, essendo già stabilito il latino in Affrica ec.


*   Visto non è altro che una contrazione del participio visitus (come quisto di quesitus in ispagnuolo) ignoto agli scrittori latini (14 settembre 1822).


*   Per la dissertazione dell’antico volgare latino vedi, fra gli altri, il Pontedera, Antiquitatum latinarum graecarumque enarrationes atque emendationes. Patav., Manfrè, typis Seminarii, 1740, 4°., epist. 1,2, principalmente (15 settembre, dí della B. V. Addolorata, 1822). Vedi anche il Lanzi, Saggio sulla lingua etrusca.


*   Ho detto in piú luoghi che l’opinione è signora degli individui e delle nazioni, che