<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2579&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20151205203953</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2579&oldid=-20151205203953
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 2579 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 315modifica] avevano alcun esempio di ciò sotto gli occhi. Quindi, com’é naturale a chiunque incomincia, infinite sono le aberrazioni loro dalla dialettica e dall’ordine ragionato. Le quali aberrazioni [p. 316modifica]
passate poi e confermate nell’uso dello scrivere, sanzionate dall’autorità e dallo stesso errore di tali scrittori, sottoposte a regola esse pure, o divenute regola esse medesime, si chiamarono e si chiamano e sono eleganze e proprietà della lingua greca. Cosí è accaduto alla lingua italiana. La ragione è ch’ella fu molto e da molti scritta nel trecento, secolo d’ignoranza, e che anche allora fu applicata alla letteratura in modo sufficiente per far considerare quel secolo come classico, dare autorità a quegli scrittori, presi in corpo e in massa, e farli seguire da’ posteri. I greci o non avevano affatto alcuna lingua coltivata a cui guardare, o, se ve n’era, era molto lontana da loro, come forse la sascrita, l’egiziana ec., e poco o niente nota, neanche ai loro piú dotti. Gl’italiani n’avevano, cioè la