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[p. 112 modifica] il poeta fervido quantunque non passi mai da un pensiero all’altro senza una qualche cagione e occasione, che è come il legame delle diverse idee, nondimeno questo legame essendo sottilissimo lo salta facilmente, o, anche non saltandolo affatto, il lettore non lo arriva a vedere) e anche nel passare per esempio dalle premesse alla conseguenza ec. Insomma è sovente sconnesso (ma questa potrebbe anche essere una lode per la verità dell’imitazione, dell’affetto e dell’estro; e tutto questo difetto dell’oscurità lo ha comune con Pindaro); ha qualche macchia di seicentisteria, che però è rara e non farebbe gran caso; ha qualche metafora non seicentesca affatto, ma troppo ardita, alla pindarica sí, ma soverchiamente ardita, come canzone eroica 14, dice dell’armi di Toscana: Elle non tra i confin del patrio lito, Quasi belve in covili, Ma fero udir gentili Per le strane foreste aspro ruggito; canzone eroica 41, chiama le vele le tessute penne (se ben quella del ruggito si potrebbe difendere colla similitudine che precede, delle belve, onde si riferisse a quella, cioè la metafora non fosse piú semplicemente delle armi ruggenti, ma cambiate in fiere o assomigliate alle fiere e cosí ruggenti, per una enallage pindarica); fa forza alla lingua nelle voci (come le composte alla greca, ondisonante ec., che la nostra lingua non ama), nelle forme trasportate dal greco e latino [p. 113 modifica]infelicemente, (giacché non sempre anzi non sovente è felice come ho detto di qualche volta) nelle locuzioni nelle costruzioni; e quel ch’è piú e che l’uccide, è disugualissimo ridondante di pezzi deboli pel sentimento anzi anche di Canzoni o intere o quasi; di stile per l’ordinario infelice lingua incolta (neglexit linguae cultum, dice il Gravina nella lettera latina al Maffei, e cosí è) sí che non sono se non rarissimi quei pezzi dei quali si possa dire tutto il bene, e in cui, quando anche l’immagini e i sentimenti sieno perfetti il che non è tanto raro, l’esteriore dello stile non abbia difetti che saltano grandissimamente all’occhio e disgustano. Che s’egli avesse avuto scelta (delectum rerum et limam amisit, dice verissimamente il Gravina l. c.) e lima (delle quali forse e massime della seconda non era capace) sarebbe il piú gran lirico pindarico che abbia qualunque nazione antica e moderna, da non potersegli paragonare né Orazio né verun altro eccetto lo stesso Pindaro. Questi difetti principalmente (di scelta e di lima tanto per le cose che per le parole, giacché gli altri accennati di sopra non son tanto gravi, e già si sa che un gran poeta deve aver grandi difetti, sí che se non fossero altro che quelli, io non dubiterei di tenerlo tuttavia per un gran lirico) fecero che siccome era nato effettivamente il suo lirico all’Italia, cosí anche le venne meno, giacché non si può dire che sieno buone poesie liriche i versi del Chiabrera, ma solamente che questi fu vero poeta lirico.


*   Una considerazion fina intorno all’arte dello scrivere è questa che alle volte, la collocazione, diremo, fortuita delle parole, quantunque il senso dell’autore