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[p. 316 modifica] essi stessi appresso a poco si sono trovati. Ebbene? con tutta la loro disperazione passata, con tutto che scrivendo sentissero vivamente la natura e la forza di quelle acerbe verità e passioni che esprimevano, anzi dovessero proccurarsene attualmente una intiera persuasione ec., per potere rappresentare efficacemente quello stato dell’uomo, e per conseguenza sentissero ed avessero quasi per le mani il nulla delle cose, tuttavia [p. 317 modifica]si prevalevano del sentimento stesso di questo nulla per mendicar gloria; e quanto piú era vivo in loro il sentimento della vanità delle illusioni, tanto piú si prefiggevano e speravano di conseguire un fine illusorio, e col desiderio della morte vivamente sentito e vivamente espresso non cercavano altro che di proccurarsi alcuni piaceri della vita. E cosí tutti i filosofi che scrivono e trattano le miserabili verità della nostra natura, e ch’essendo privi d’illusioni, in fondo non cercano poi altro veramente col loro libro che di crearsi e godersi alcuni illusorii vantaggi della vita (vedi Cicerone, pro Archia, c. 11). Tant’è: la natura è cosí smisuratamente piú forte della ragione, che, ancorché depressa e indebolita oltre a ogni credere, pure gli resta abbastanza per vincere quella sua nemica, e questo negli stessi seguaci suoi e in quello stesso momento in cui la predicano e la divulgano; anzi con questo stesso predicare e divulgar la ragione contro la natura la danno vinta alla natura sopra la ragione.