<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2121&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20141127121352</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2121&oldid=-20141127121352
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 2121 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 62modifica] in Francia. Gli scrittori latini, per forestieri che fossero, in Roma si allevavano e conversavano lungo tempo e quivi insomma imparavano a scriver latino. Quelli che non vivevano in Roma, o che poco vi dimorarono, si allontanarono spessissimo dalla proprietà latina, che non era se non romana, scrissero in dialetto piú o meno diverso dal romano e oggi si chiamano barbari. Ciò non fu, si può dire, se non se nei bassi tempi, cioè specialmente dopo Costantino, quando Roma, scemata di potenza e d’autorità ec., non fu piú il centro o l’immagine dell’impero. La degenerazione della lingua latina che allora accadde si attribuisce ai tempi, ma si deve anche attribuire ai luoghi, cioè [p. 63modifica]alle circostanze che tolsero alla lingua latina l’unità, togliendole il suo centro e modello ch’era Roma e dividendola in dialetti e di romana facendola latina e introducendo nella letteratura latina,