Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/1097

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[p. 401 modifica] infelicità degli uomini antichi con quella de’ moderni, nel bilancio e nell’analisi della massa de’ beni e de’ mali presso gli uni e presso gli altri. Converrò che l’uomo, specialmente uscito dei limiti della natura primitiva, non sia stato mai capace di piena felicità, sia anche stato sempre infelice. Ma l’opinione comune è quella della indefinita perfettibilità dell’uomo, e che quindi egli sia tanto piú felice o meno infelice quanto piú s’allontana dalla natura; per conseguenza, che l’infelicità moderna sia minore dell’antica. Io dimostro che l’uomo, essendo perfetto in natura, quanto piú s’allontana da lei piú cresce l’infelicità sua; dimostro che la perfettibilità dello stato sociale è definitissima, e benché nessuno stato sociale possa farci felici, tanto [p. 402 modifica]piú ci fa miseri, quanto piú colla pretesa sua perfezione ci allontana dalla natura; dimostro che l’antico stato sociale aveva toccato i limiti della sua perfettibilità, limiti tanto poco distanti dalla natura, quanto è compatibile coll’essenza di stato sociale e coll’alterazione inevitabile che l’uomo ne riceve da quello ch’era primitivamente; dimostro infine, con prove teoriche e con prove storiche e di fatto,