../XXVII ../XXIX IncludiIntestazione 22 gennaio 2021 75% Da definire
 |
Questo testo è completo. | |
<dc:title> Pensieri (Leopardi) </dc:title> <dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator> <dc:date></dc:date> <dc:subject></dc:subject> <dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights> <dc:rights>GFDL</dc:rights> <dc:relation>Indice:Leopardi, Giacomo – Pensieri, Moralisti greci, 1932 – BEIC 1858513.djvu</dc:relation> <dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_(Leopardi)/XXVIII&oldid=-</dc:identifier> <dc:revisiondatestamp>20210122181400</dc:revisiondatestamp> //it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_(Leopardi)/XXVIII&oldid=- 20210122181400
| ◄ | XXVII | XXIX | ► |
XXVIII.
Il genere umano e, dal solo individuo in fuori, qualunque minima porzione di esso, si divide in due parti: gli uni usano prepotenza, e gli altri la soffrono. Né legge né forza alcuna, né progresso di filosofia né di civiltá potendo impedire che uomo nato o da nascere non sia o degli uni o degli altri, resta che chi può eleggere, elegga. Vero è che non tutti possono, né sempre.