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VIII.

Uno degli errori gravi nei quali gli uomini incorrono giornalmente, è di credere che sia tenuto loro il segreto. Né solo il segreto di ciò che essi rivelano in confidenza, ma anche di ciò che senza loro volontá, o malgrado loro, è veduto o altrimenti saputo da chicchessia, e che ad essi converrebbe che fosse tenuto occulto. Ora io dico che tu erri ogni volta che sapendo che una cosa tua è nota ad altri che a te stesso, non tieni giá per fermo che ella sia nota al pubblico, qualunque danno o vergogna possa venire a te di questo. A gran fatica per la considerazione dell’interesse proprio, si tengono gli uomini di non manifestare le cose occulte; ma in causa [p. 10 modifica]d’altri, nessuno tace: e se vuoi certificarti di questo, esamina te stesso, e vedi quante volte o dispiacere o danno o vergogna che ne venga ad altri, ti ritengono di non palesare cosa che tu sappi; di non palesarla, dico, se non a molti, almeno a questo o a quell’amico, che torna il medesimo. Nello stato sociale nessun bisogno è piú grande che quello di chiacchierare, mezzo principalissimo di passare il tempo, ch’è una delle prime necessitá della vita. E nessuna materia di chiacchiere è piú rara che una che svegli la curiositá e scacci la noia: il che fanno le cose nascoste e nuove. Però prendi fermamente questa regola: le cose che tu non vuoi che si sappia che tu abbi fatte, non solo non le ridire, ma non le fare. E quelle che non puoi fare che non sieno, o che non sieno state, abbi per certo che si sanno, quando bene tu non te ne avvegga.