Pensieri (Leopardi)/LXXXIV
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LXXXIV.
Gesú Cristo fu il primo che distintamente additò agli uomini quel lodatore e precettore di tutte le virtú finte, detrattore e persecutore di tutte le vere; quell’avversario d’ogni grandezza intrinseca e veramente propria dell’uomo; derisore d’ogni sentimento alto, se non lo crede falso, d’ogni affetto dolce, se lo crede intimo; quello schiavo dei forti, tiranno dei deboli, odiatore degl’infelici; il quale esso Gesú Cristo dinotò col nome di mondo, che gli dura in tutte le lingue cólte insino al presente. Questa idea generale, che è di tanta veritá, e che poscia è stata e sará sempre di tanto uso, non credo che avanti quel tempo fosse nata ad altri, né mi ricordo che si trovi, intendo dire sotto una voce unica o sotto una forma precisa, in alcun filosofo gentile. Forse perché avanti quel tempo la viltá e la frode non fossero affatto adulte, e la civiltá non fosse giunta a quel luogo dove gran parte dell’esser suo si confonde con quello della corruzione.
Tale in somma quale ho detto di sopra, e quale fu significato da Gesú Cristo, è l’uomo che chiamiamo civile: cioè quell’uomo che la ragione e l’ingegno non rivelano, che i libri e gli educatori annunziano, che la natura costantemente reputa favoloso, e che sola l’esperienza della vita fa conoscere, e creder vero. E notisi come quell’idea che ho detto, quantunque generale, si trovi convenire in ogni sua parte a innumerabili individui.