Pensavo, Amor, che tempo fussi omai
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canzone ii
[Meglio morte che star lontano da lei: pure è lieto
sentendo che il suo esilio le dispiaccia.]
Pensavo, Amor, che tempo fussi omai
por fine al lungo, aspro, angoscioso pianto,
ed alla doglia mia,
non pur voler seguir nel mio mal tanto
tu e Fortuna troppo iniqua e ria;5
ché poi, quando vorrai,
come conviensi a tanta signoria,
mantener quel che giá promesso m’hai
(ah quante volte e quanto!),
ti fia difficil, benché tutto possa.10
L’alma, li spirti e l’ossa
state son tue sotto questa fidanza,
quanto sai, Amor, ed io, che ’l pruovo, meglio,
che con questa speranza
fanciul tuo servo fui, e son giá veglio.15
Io mi vivea di tal sorte contento,
e sol pascevo l’affannato core
della sua amata vista;
le belle luce e ’l divino splendore
quetavon l’alma, benché afflitta e trista,20
e per questo ogni stento
dolce parea, che per amar s’acquista.
Fa la speranza di maggior contento
ogni pena minore,
ma ria Fortuna, al mio bene invidiosa,25
turbar volle ogni cosa,
e ’l mio tranquillo stato e lieta sorte,
e tolsemi la vista onde sempre ardo.
Oimè! meglio era morte,
che star lontan dal mio sereno sguardo.30
Onde or, non potendo altro, pasco l’alma
della memoria di quel viso adorno,
ed a’ divin costumi
col pensier mille volte il dí ritorno.
Se Fortuna mi toglie i vaghi lumi35
e turba ogni mia calma,
non è però che in selve e ’n valli e ’n fiumi,
ove lo spirto porta la sua salma,
o notte oscura o giorno
sempre gli occhi non vegghino il lor sole,40
e le dolci parole
non risuonino ancor ne’ nostri orecchi:
ché ’l rimembrar le cose amate e degne,
benché pur altri invecchi,
in cor gentil per tempo non spegne.45
Io vo cercando i piú elati colli,
e volgo gli occhi stanchi in quella parte,
ov’io lasciai il mio bene,
lá, onde il tristo cor mai non si parte;
e di questo il nutrisco e d’una spene,50
che presto fien satolli,
se non rompe il pensier morte che viene,
gli occhi, che tanto tempo giá son molli;
e con questo una parte
del mio mal queto e l’alma riconforto,55
ed in pazienzia porto
lo ingiusto esilio e la sorte aspra e dura,
tanto che piú felice tempo torni;
e se pure il mal dura,
può ristorar un’ora i persi giorni.60
Canzon, lá dove è il core
or te n’andrai, se giá non t’è impedita
la via, sí come a me, segui la traccia:
di’ che lieta è mia vita,
sentendo questo esilio a lei dispiaccia.65