Penombre/Mezzenotti/Notte di Carnevale
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XLII.
NOTTE DI CARNEVALE
È notte; azzurro il ciel, tonda la luna
Che disegna sul lastrico i ritratti
Dei comignoli; dormono i tranquilli
Umani, e i gatti per le note gronde
5Sospirano d’amor come i poeti
Dell’Arcadia; le orchestre nei teatri
Fremono melodie, travolgon balli,
E delle donne, come cigni bianche,
Dai palchetti la mostra è generosa.
10Qui, sulle piazze il carneval sonnecchia,
E tranne il rombo di qualche carretto
Che si perde nei vicoli lontani,
Tutto è quiete....
Ma un canto ecco s’innalza,
15E un uomo, al muro brancicando, arriva.
— Chi è, chi non è?
Oh povero me!...
Il prete lo giura,
Ma nulla io ne so:
20Chi dice di sì, chi dice di no....
Gli è il coro dei matti che Adamo intonò!
Eppure costì
Finiscono i dì:
Andrem nella luna,
25Negli astri, o nel sol?
Non so, ma però mi esercito al vol,
Chè il vino le aluccie prestarmi può sol.
Ma vedi lassù....
Che avvenne, che fu?
30Oh domine!... un gatto
Che coda non ha!
È un vecchio; io lo so: la gelida età
Con furti siffatti burlando ci va.
Oh gatto gentil....
35Ti sono simil!
Che mai non perdetti
Da quando fioccò?
I figli morir, la moglie spirò....
Ma, basta!... io non dico, non dico di no! —
40Povero vecchierello! bevi, bevi,
Che il vin ti accende un lumicin di fede!...
Se il confessor così ti sente e vede
D’ora in poi dall’altar ti caccia via,
E ti manda a buscarti i sacramenti
45All’osteria.
Ma or rincasa; gelato è il primo albore;
Torna, torna ubbriaco al mesto tetto
Che orbò la morte d’ogni tuo diletto;
Alzerà il vino un lembo al velo bruno,
50Rivedrai, brancolando, i tuoi parenti,
Ad uno, ad uno.
Chi sei tu? — Non ricordo.... — E il domicilio?... —
— Sulla terra! — Ma dove? — È il mio segreto!
E di seguirmi vi faccio divieto;
55Or sulla terra, e presto sotto terra,
E presto in cielo.... me lo ha detto il vino,
E il vin non erra! —
Vattene a casa.... arrivano i monelli,
La tua canizie burlata non sia;
60Dimmi, tua moglie la era saggia e pia?
Quante volte avrà pianto al tuo ritorno.
Per la memoria sua la brutta scena
Non vegga il giorno.
Si terse una lagrima — poi disse: o signore,
65Di tenero cuore — la mamma vi fe’!
Ebben, tante grazie — lasciatemi andare,
Io voglio ammazzare — la fame con me.
Quei soldi eran gli ultimi — ed or son bevuti;
Accetti i saluti — lasciatemi andar.
70Quel bruto d’orefice.... — sei lire.... un anello!...
Sì grosso, sì bello.... — mi volle rubar.
L’anel della moglie — mio dolce signore,
Un dono del core — che più non vedrò!...
Venduti son gli abiti — del povero Tonio....
75La larva di un conio — più in tasca non ho.
Sa lei chi era Tonio? — mio figlio! un bel bruno!
Lavoro e digiuno — l’han fatto morir.
Gli ostieri, sa domine? — son tutti testardi....
«Eh vecchio! gli è tardi — bisogna partir.»
80Partire! ma.... e l’anima? — sù, lei.... che ne dice?
Di un vecchio infelice — la morte cos’è?
Ha fatto i suoi studii? — ebben, che ha imparato?
Se Cristo ha burlato — oh povero me! —
Partì brancolando. Nel ciel porporino
85Le pallide stelle svanivano già,
E desta al sussurro di un gaio mattino
Dal sonno sorgeva la immensa città.
Le mani affilate, la faccia barbuta
Del povero vecchio biancheggiano al sol....
90Ma il vecchio la luce del dì non saluta,
E brontola: — Intanto mi esercito al vol!