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III.
Stanco son io di splendidi
Cieli e fronzute piante;
Mi annoia lo spettacolo
4Di una beltà costante;
Venga il dicembre, ed operi
Un cambiamento a vista:
Un grazie al macchinista
8Dal petto esalerò.
Venga il gennaio, il placido
Mese di pioggie e nevi,
Venga, ed io chiuda il guscio:
12Oh giorni inerti e brevi,
Vetri appannati, e amabili
Grilli del focolare!
Voglio l’uscio inchiodare,
16Cantar l’inverno io vò!
Come cadenze tremule
Di cori in lontananza,
Belle, ridenti, tiepide,
20Nella tranquilla stanza
Tornano le memorie
Del luglio e dell’aprile,
A colorir lo stile
24Del pallido pittor.
E accosciata in un angolo
Al muro crepitante,
Sospirosa e pettegola
28Come una vecchia amante,
La stufa mi consiglia
A non varcar la soglia,
E alle dolcezze invoglia
32Del solingo lavor.
Quando la nebbia intorbida
L’ampia campagna rasa,
È pur dolce l’imagine
36Delle donne di casa:
Le muse son, son gli angeli
Del domestico cielo
Cui della pioggia il velo
40Imperla la beltà!
Le gonne allor bisbigliano
Come selvette in maggio,
E se il capo ti aggravano
44Nuvole di passaggio
Ascolta.... erra uno strascico
Nella vicina stanza?
Ascolta; e la speranza,
48La fede tornerà.
Venga il febbraio: ho un piccolo
Vaso di sempre-vivi
Che i vezzi non invidiano
52Dei fiorellini estivi;
Ho un uccellino in gabbia,
Un canerin gentile....
Febbraio, marzo, aprile....
56Ecco l’estate ancor!
L’estate ancor!... Fantastico
Mio cor di pellegrino,
Nè avran cessato i cantici
60Il bardo e il canerino:
Giacchè siam quattro in gabbia,
Ed all’amor si beve,
Il mandorlo è una neve,
64La stalattite è un fior!