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Il cristianesimo e lo sviluppo democratico del popolo

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Il cristianesimo e lo sviluppo democratico del popolo1
Governo e armata di popolo Basta con le mezze misure: chi rompe, paga


Nel ’93 a’ tempi della prima rivoluzione di Francia fu vista un’opera di rovina: era una rabbia di distruggere quanto esisteva: pareva che il popolo, appena si sentí le mani libere, non avesse altro in anima che di cancellare dalla superficie della terra quanto gli ricordava il passato, perché ogni cosa lo richiamava a memorie di vergogna e di dolore: la tirannide e la superstizione avevano contaminato siffattamente ogni cosa che anche quanto v’è di piú santo appariva coperto, per cosí dire, da un lurido velo, e il popolo non sapeva penetrare tant’oltre da dividere la verità dall’ipocrisia degli uomini.

La rivoluzione del ’93 avea per missione di rovinar tutto, perché l’avvenire, su quel terreno sgombro, potesse fabbricare il nuovo edificio. Dicemmo rovinar tutto, e diciamo male. La verità resta, e le grandi tradizione del passato, rimasero retaggio dell’umanità.

La rivoluzione del ’48 è invece opera di vita e di creazione. È una nuova èra che, accrescendole delle rivelazioni del presente, rispetta e conserva tutte le verità del passato. Nel ’93 fu pubblicamente manomessa l’immagine del Cristo, nel ’48 la Repubblica s’iniziò in Francia sotto l’immagine del Crocifisso.

Questo non è solo carattere del movimento francese, ma di tutto l’attuale movimento europeo. Ed ogni giorno ne è una nuova prova fra noi. Il nostro popolo è religioso, non è superstizioso: sa che il Cristo è il primo apostolo della democrazia, ed egli rispetta e venera, come profeta, chi lo invoca in favore della libertà, caccia dal tempio i nuovi farisei che lo profanano, cercando farne strumento di guadagno e di tirannide.

Veramente questa volta Dio chiama alla vita il popolo, perché gli ha aperto gli occhi, acciocché veda la verità.

E vi fu un giorno, che il nome di Pio IX fu benedetto come quello dei santi, a’ bei tempi di San Pietro. I Romani ricordano quando il Papa diceva dal Quirinale: «Benedite, o gran Dio l’Italia» e l’Italia l’ha circondato di quanto amore può circondare la fronte d’un uomo, perché in quel momento il Papa era veramente Cristiano. I Milanesi gridavano «Viva Pio IX» dalle barricate sparse del loro sangue; e quegli «evviva» erano tanto solenni, che doveva essere spinto al precipizio dalla mano di Dio, chi è riescito a cancellarli dal proprio cuore.

Il Papato s’era maritato alla tirannide, e come a questa, l’angelo della giustizia gli aveva scritto sulla fronte il tremendo «Domani morrai». Pio IX fu travolto dalla propria posizione, e il dí della prova, egli che aveva giurato di essere cogli oppressi, fu cogli oppressori. Da quel momento il Popolo comprese che lo spirito di Dio se era colla Chiesa, non era col principato, e fu rispettata la Chiesa, e fu rovesciato il principato.

È straordinario, e la storia lo ripeterà, ammirando il contegno del Popolo Romano. Egli tradito, insultato, provocato dal principe, si è levato nella sua dignità al disopra del principe. Ma nello stesso tempo ha rispettato il Pontefice. Radicale nello spirito, fu reverente e moderato nei modi: e il Pontefice, profugo volontario presso il Nerone dei dí nostri, non fu meno rispettato di quando sedeva in Vaticano in tutta la sua potenza. Fu detto che il potere temporale e lo spirituale si confondevano e non potrebbero disgiungersi. A noi decisiva prova del contrario par questa che, cioè, si seppe combattere l’uno senza offendere l’altro, e i numerosi sacerdoti che consacrarono colla loro presenza le votazioni per la Costituente fanno fede che questa verità è compresa anche dal Clero, il quale in tal modo si mostra veramente depositario della tradizione evangelica.

Noi siamo cristiani e repubblicani, ed è anzi come repubblicani che veneriamo quanto rappresenta lo spirito del Crocifisso dai potenti. Non è a noi, i cui fratelli di fede furono dati per tanti anni al martirio, che occorre insegnare la religione della Croce. La nostra rivoluzione lo prova solennemente. La croce era profanamente collegata col triregno, e noi, senza toccar quella abbiamo saputo spezzar questo. E anche a spezzar questo esitammo. Pio IX vedeva scorrere il sangue italiano e porgeva la mano all’Austriaco. I Romani gemevano e pregavano Dio che gli toccasse il cuore. Pio IX finalmente proclamava non poter far guerra all’Austria, non poter essere cogli uomini della libertà. Da quel momento egli non poteva piú governare e il principato temporale cadde per intrinseca necessità, senza bisogno di sforzi estrinseci come la foglia inaridita cade dal ramo. I principati sono cosa terrena e perciò passano, la religione è cosa divina e però resta. Chi dice che la religione vien meno colla decadenza del potere temporale dei papi, dice un’empia bestemmia perché è scritto: «il Cielo e la Terra passeranno, ma la mia parola non passerà».

E noi crediamo che la Religione si farà piú sublime e pura fra noi, liberandosi dai pensieri mondani che si sono infusi in lei come un germe di corruzione: noi crediamo che il cristianesimo si rinvigorirà dello sviluppo democratico, il quale non ne è che un’applicazione. Il Cristianesimo fu santo quando fu la religione del popolo, e lo ritornerà quando ridiverrà religione del popolo.


Note

  1. In Pallade, 24 gennaio 1849.