gnizioni umane, si può dubitare se facciano progressi reali. Pel moderno si dimentica e si abbandona l’antico. Non voglio già dir l’archeologia, ma la storia civile e politica, la letteraria, la notizia degli uomini insigni, la bibliologia, la letteratura, le scoperte, le scienze stesse degli antichi. Si apprende, si sa quel che sanno i moderni; quel che seppero gli antichi (che forse equivaleva), si trascura e s’ignora. Né voglio dir solo i greci o i latini, ma i nostri de’ secoli precedenti, non escluso pure il diciottesimo. Guardate i piú dotti ed eruditi moderni: eccetto alcuni pochi mostri di sapere (come qualche tedesco) che conoscono egualmente l’antico e il moderno, la scienza degli altri, enciclopedica, immensa, non si stende, per cosí dire, che nel presente: del passato hanno una notizia sí superficiale, che non può servire a nulla. Invece di aumentare il nostro sapere, non facciamo che sostituire un sapere a un altro, anco in uno stesso genere (senza che poi uno studio prevale in una età a spese degli altri). Ed è cosa naturalissima; il tempo manca: cresce lo scibile, lo spazio della vita non cresce, ed esso non ammette piú che tanto di cognizioni. Anche le scienze materiali non so quanto progrediscano, a ben considerare la cosa. Bastando appena il tempo a conoscere le innumerabili osservazioni che si fanno da’ contemporanei, quanto si può profittare di quelle d’un tempo addietro? I materiali non crescono, si cambiano. E quante cose si scuoprono giornalmente, che i nostri antenati avevano già scoperte! non vi si pensava piú. Ripeto che non parlo solo degli antichissimi; anco de’ recenti. Un’occhiata a’ dizionari biografici, agli scritti, alle osservazioni, alle scoperte, alle istituzioni di uomini ignoti o (4508) appena noti, e pur vissuti pochi lustri o poche diecine d’anni sono: si avrà il comento e la prova di queste mie considerazioni. Gli uomini imparano ogni giorno, ma il genere umano dimentica, e non so se altrettanto (13 maggio).