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(4443-4444) pensieri 377

l’italiano; specialmente in Toscana, e specialmente appresso quel volgo, il quale continuamente, per mero vezzo di linguaggio, aggiunge un lo appié delle voci italiane, dicendo, per esempio, ricciolo invece di riccio,1 e cosí mille altre, che con tal desinenza non son registrate nel vocabolario; oltre le tante registrate. E che questo medesimo uso (unita anche sovente, come nell’antico, la terminazione in icus a quella in ulus) si conservasse perpetuamente nel latino volgare, apparisce dai tanti e tanti, non solo nomi, ma verbi, della bassa latinità, o derivati evidentemente da essa, da me notati passim, che la portano, senz’ombra di significazione diminutiva; come pariculus (parecchi, pareil ec.), appariculare (apparecchiare, aparejar ec.) (sfondare-sfondolare, sfondolato), superculus (vedi la p. 4514, fine) ec. ec.; nomi anche aggettivi ec. Non ardirei però di affermare col Niebuhr che questa inflessione in origine non fosse punto diminutiva. Il vederla senza questa significanza, non prova; apparendo da  (4444) tanti, quasi infiniti, esempi (sí del greco, sí del latino basso sí dell’antico, sí delle lingue figlie della latina; e in queste, sí in forme venute dal latino, e sí in altre forme diminutive proprie loro e non latine) che sempre fu ed è vezzo di linguaggio, specialmente popolare, il profferire le voci con inflessione diminutiva, quasi per grazia, quantunque il caso sia alieno dal richieder diminuzione, e la significanza diminutiva sia affatto lontana da tal pronunzia (25 gennaio 1829, domenica quarta). Del resto ho notato altrove quando l’ul.... è semplice desinenenza di voci derivative, come in speculum, iaculum ec., e cosí ne’ verbi, come fabulor ec. Vedi p. 4516.


*    Non solo le storie o storielle d’una nazione furono spessissimo, come ho detto altrove in piú luoghi,

  1. Cosí anco de’ verbi in are, alla qual terminaz. aggiungono un ol . Vedi la p. 4496, capoverso 8, 4509, capoverso 3 e 4412.