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372 pensieri (4438-4439)

σκώπτοντι· ἀπεχθὴς γὰρ ἔσῃͺ τοῖς σκωπτομένοις: Sed επιμαίνεσθαι multo est exquisitius: amore alicujus quasi deperire. Vid. Hernsterhus. ad Lucian., Dial. Marin., I, t. II, p. 346, ed. Bipont. (Orell., loc. sup. cit., p. 429): alios subsannanti ne subrideas, invisus enim fies quibus illuditur. Id., ap. Laert., I, 93. μὴ ἐπιγελᾷν τοῖς σκωπτομένοις· ἀπεχθήσεσθαι γὰρ τούτοις. Per il Galateo morale (15 gennaio 1829).


*    Alla p. 4346. Παρὰ πόσιν, τοῦ ὰδελφιδοῦ (fratris filio) αὺτοῦ (Σόλωνος) μέλος τὶ Σαπφοῦς ᾴσαντος, ἤσθη τῷ μέλει (ὁ Σόλων), καὶ προσέταξε τῷ μειρακίῳ διδάξαι αὐτόν (volle che quel ragazzo, cioè il nipote, glielo insegnasse). Stobeo, c. XXIX, Περὶ φιλοπονίας. ediz. Gesn., Tigur., 1559 (15, 1829).


*    È piú penoso il distrarre per forza la mente da un pensiero acerbo o terribile che si presenti, di quello che sia il trattenervisi (17, 1829).


*    Vivere senza se stesso al mondo, goder cosa alcuna senza se stesso, è impossibile. Però chi si trova senza speranza, chi si vede disprezzato da’ conoscenti e da tutti coloro che lo circondano, e quindi necessariamente è privo della stima di se medesimo, non può provar godimento alcuno, non può vivere,  (4439) a dir proprio: perché questo tale veramente manca di se medesimo nella vita (17, 1829). Vedi p. 4488.


*    N. N. legge di rado libri moderni; perchè, dice, io veggo che gli antichi a fare un libro mettevano dieci, venti, trent’anni; e i moderni, un mese o due. Ma per leggere, tanto tempo ci vuole a quel libro ch’è opera di trent’anni, quanto a quello ch’è opera di trenta giorni. E la vita, da altra parte, è cortissima alla quantità de’ libri che si trovano. Onde ec. (17, 1829).


*    I forti, i fortunati, sentono e s’interessano per altrui ἐκ τοῦ περισσοῦ delle loro facoltà e forze: i deboli