buone: ma l’italiana in questo, se non si distingue dall’altre come piú povera, non si distingue in modo alcuno. Solamente è vero che noi cominciammo ad aver traduzioni dal latino e dal greco classico (non buone, ma traduzioni semplicemente), molto (4264) prima di tutte le altre nazioni. Il che è naturale, perché anche risorse prima in Italia che altrove la letteratura classica e lo studio del vero latino e del greco. E n’avemmo anche in gran copia. E queste furono forse le cagioni che produssero tra gli stranieri superficialmente acquainted with le cose nostre quella opinione, che ebbe tra gli altri il Chesterfield. Nondimeno in quel medesimo tempo, anzi alquanto innanzi, avveniva al Maffei in Baviera, dov’ei si trovava, quel ch’egli scrive nella prefazione1 de’ suoi Traduttori italiani, ossia notizia de’ volgarizzamenti d’antichi scrittori latini e greci che sono in luce indirizzata a una cólta signora, da lui frequentata colà. Vostro costume era d’antepor la (lingua) francese alle altre, per l’avvantaggio di goder per essa gli antichi autori latini e greci, della lettura de’ quali sommamente vi compiacete, avendogli traslatati i francesi. Qui io avea bel dire, che questo piacere potea conseguirsi ugualmente con l’italiana e che già fin dal felice secolo del 1500 la maggior parte de’ piú ricercati antichi scrittori era stata in ottima volgar lingua presso di noi recata, che suscitandomisi contra tutti gli astanti, e gl’italiani prima degli altri, restava fermato che solamente in francese queste traduzioni si avessero. Ed ecco dagli stranieri negato agl’italiani formalmente e trasferito alla letteratura francese quel medesimo pregio (e circa il medesimo tempo) che altri stranieri, come il Chesterfield attribuivano alla italiana. Nella qual prefazione il Maffei afferma aver gl’italiani
- ↑ Scriveva il Chesterfield quelle cose circa il 1750. I Traduttori italiani del Maffei furono pubblicati del 1720.