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202 | pensieri | (4260-4261) |
del nostro capitale proprio, assai piú, ed infinite. E queste sollecitudini e questi dispiaceri cosí prodotti, non solo sono per noi di ugual momento che sarebbero i reali; ma si sentono, e travagliano molto piú, per la mancanza di distrazioni e la monotonia della vita, di quel che fanno i grandissimi e sommi, nella vita agitata e attiva. Che è quanto dir che sono maggiori assai. E si sentono tutti, dove che nella vita attiva moltissimi non si sentono, e però non sono né pur dispiaceri (Recanati, 25 marzo, domenica, festa dell’Annunziazione di Maria, 1827).
* Quanto, in quanto, per poichè, perocché ec. – παρ’ ὅσον, ovvero ὅσον ec. Vedi un (4261) esempio di ὅσον in questo senso, usato da Ateneo, ap. Casaubon., ad Athenae, l. XV, c. 2, verso il fine e dallo scoliaste di Pindaro, ap. eumdem, ib., c. 19, fin.
* Dimonia. Demonia. Mulina plurali.
* Tutti siamo naturalmente inclinati a stimar noi medesimi uguali a chi ci è superiore, superiori agli uguali, maggiori di ogni comparazione cogl’inferiori; in somma ad innalzare il merito proprio sopra quel degli altri fuor di modo e ragione. Questo è natura universale, e vien da una sorgente comune a tutti. Ma un’altra sorgente d’orgoglio e di disistima altrui, sconosciuta affatto a noi; divenuta, per l’assuefazione incominciata sin dall’infanzia, naturale e propria; è ai francesi e agl’inglesi la stima della propria nazione. Tant’è: il piú umano e ben educato e spregiudicato francese o inglese non può mai far che, trovandosi con forestieri, non si creda cordialmente e sinceramente di trovarsi con un inferiore a se (qualunque si sieno le altre circostanze); che non disprezzi piú o meno le altre nazioni prese in grosso; e che in qualche modo, piú o meno, non dimostri esteriormente questa sua opinione di superiorità. Questa è una molla, una fonte