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(4194-4195) pensieri 125

dice espressamente Svetonio (c. XXVI). Vedi p. 4197, capoverso 6. Né qui v’era dissimulazione: io non ci veggo altro che un uomo avvezzo a soggiacere, avvezzo a temere ed evitar di offendere, che ridotto a soprastare, conserva ancora l’abito di tal timore e di tale evitamento. Egli lo perdé col tempo e coll’esperienza continuata del suo potere, e della soggezione, anzi abbiezione, degli altri. Questo non è smascherarsi; questo è mutar carattere e natura, per mutazione di circostanze.  (4195) Tiberio era certamente cattivo, perché vile e debole. Vedi p. 4197, capoverso 7. Questo fu causa che il potere lo rendesse un tiranno, perché la sua natura era tale che l’influenza del principato doveva farne un cattivo carattere di principe. Ma qui non ci entra simulazione. Io non sono mai stato né principe né cattivo. Pur disprezzato e soggetto sempre fino all’età quasi matura, vedutomi poi per le circostanze uguale a molti e superiore ad alcuni; da principio benignissimo ed umile cogl’inferiori, sono poi divenuto verso loro un poco esigente, un poco intollerante, φιλονεικός, μεμψιμοφός, ed anche cogli uguali un poco chagrin, e piú difficile a perdonare un’ingiuria, una piccola mancanza, piú risentito, piú facile a concepir qualche seme di avversione, piú desideroso, se non altro, di vendettucce, ec. Se la mia natura fosse stata cattiva, io sarei divenuto tanto piú insopportabile quanto piú tardi sono pervenuto alla superiorità, ed in età men facile ad accostumarmici. Noi siamo tutti inclinati a suppor negli uomini antichi o moderni, assenti o presenti, noti o ignoti, e nelle loro azioni e condotta, una politica, un’arte, una simulazione quasi continua, e qualche fine occulto. Ma credete a me che v’è al mondo assai meno politica, assai meno finzione, assai meno tendenze occulte, meno intrighi, meno maneggi, meno arte, e piú di sincerità e di vero che non si crede: 1o, Gli uomini di talento (indispensabile fondamento a simil condotta)