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(3654-3655) pensieri 89

veramente e necessariamente nel fatto la detta universal diffusione, e senza cui essa non può non esser cosa snaturatissima e contrarissima al ben essere della specie. Qual altra specie di animali, di vegetali ec. è o può mai parere a un filosofo disposta naturalmente, non dico a tutti i diversi estremi delle qualità de’ paesi, come si pretende o è necessario pretendere che lo sia indifferentemente la specie umana; non dico a due soli di tali estremi; ma pure a due differenze in tali qualità, che non sieno molto lontane dagli estremi? Qual proporzione, quale analogia sarebbe tra la detta natura fisica della specie umana, e quella di qualsivoglia altra specie, e di tutte insieme, e tra la natura universale?

Io dico dunque per fermo, che la specie umana, per sua natura, secondo le intenzioni della natura, volendo poter conservare il suo ben essere,  (3655) non doveva propagarsi piú che tanto, e non era destinata se non a certi paesi e certe qualità di paesi, de’ limiti de’ quali non doveva naturalmente uscire, e non uscí che contro natura. Ma come contro natura ella giunse a un grado di società fra se stessa, ch’è fuor d’ogni proporzione con quella che hanno l’altre specie, e che in mille luoghi s’è dimostrato esser causa del suo mal essere e corruzione ec., cosí contro natura si moltiplicò e propagò strabocchevolmente; perocché questa moltiplicazione, come poi contribuí sommamente ad accelerare, cagionare, accrescere i progressi della società, cioè della corruzione umana, cosí da principio non ebbe origine se non dal soverchio e innaturale progresso d’essa società. Quanto le specie sono meno socievoli o hanno minor società, tanto meno si moltiplicano; e viceversa. Vedesi ciò facilmente nelle varie specie d’animali, e anche di piante ec. Vedesi ancora ne’ selvaggi e ne’ popoli piú naturali, il numero della cui popolazione è per lo piú stazionario come il loro stato sociale, il loro carattere, costume ec. (e tale do-