prio e per il troppo conto che fanno di se, temendo sempre di sfigurare e perdere la stima altrui o desiderando soverchiamente di acquistarla e di figurare, hanno sempre innanzi agli occhi il rischio del proprio onore, del proprio concetto, del proprio amore, e, occupati e legati da questo pensiero, sono senza coraggio, e non si ardiscono mai. I franchi e gli sprezzanti fanno al contrario (4038) per la contraria cagione, cioè per aver poca cura e poco concetto di se, o desiderio della stima degli altri (che viene a essere il medesimo), sia che essi sieno tali per natura, o per abito acquisito. Cosí che essi offendono spesse volte e facilmente, o rischiano di offendere, l’amor proprio degli altri, e n’hanno poca cura, per poco amor di se stessi. E i timidi lo risparmiano sempre con mille scrupoli e riguardi, e non impetrano mai da se stessi non che di lederlo menomamente, ma di porsene a rischio benché leggero e lontano, e ciò per soverchio amor proprio, il quale parrebbe che dovesse principalmente offendere e muoverli ad offendere quello degli altri. E cosí per soverchia stima di se stessi si guardano di mostrar dispregio degli altri, e infatti non gli spregiano, anzi gli stimano eccessivamente non per altro che per lo smisurato desiderio e conto che fanno della loro stima, anche conoscendoli di niun valore, o almeno per la gran tema che hanno di perderla, eziandio vedendo che la sarebbe piccola perdita per rispetto al merito di coloro. Tali sono ordinariamente i fanciulli e i giovani ancora inesperti e inesercitati nel commercio umano e nelle palestre dell’amor proprio, dov’esso riporta tanti colpi, che alla fine incallisce; e tali sono piú o manco, per piú o men lungo tempo, ed alcune per tutta la vita, le persone sensibili e immaginose, le quali restano sovente fanciulle anche in età matura e vecchia, sí quanto a molte altre cose, sí quanto a questa della timidità nel consorzio umano, che in esse è sempre difficile a vin-