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384 | pensieri | (4010-4011) |
σεῦτλον. Vedi Scapula. E appunto noi abbiamo bietola (onde bietolone) da beta, diminutivo positivato, in cui luogo poeticamente si dice anche bieta, come osserva la Crusca ec. Vedi il glossario ec. in betula, se v’è ec. (10 gennaio 1824).
* Al detto altrove circa la ridondanza del pronome ἂλλος e altro appo i greci e gl’italiani in molte dizioni, e circa il significato di nulla o nessuno ec. assoluto o virtuale ec., che ha molte fiate nel nostro parlare il detto pronome, aggiungi le frasi non ne fece altro, non ne fate altro e simili, dove altro sta per niente, ed aggiungi eziandio che anche siffatto uso di questo pronome, oltre all’essere analogo alla predetta sua ridondanza usitata e nel greco e nell’italiano, è anche analogo a un uso particolare della voce plurale ἄλλα che i greci adoprano talora per cose frivole, vane, da nulla, cioè insomma nulla, come in un luogo di Fenice Colofonio, poeta, appresso Ateneo, l. XII, p. 530, F: (4011) οὐ γὰρ ἄλλα κηρύσσω, che il Dalechampio traduce frivola non denuntio: bene, ma propriamente sarebbe non enim nihil (cioè rem o res nihili) denuntio. E certamente qua spetta quel che dice lo Scapula che appresso Euripide ἄλλα si spiega per rationi non consentanea. E qua eziandio l’uso dell’avverbio ἄλλως per incassum, frustra, temere ec. (del qual uso vedi lo Scapula e l’indice greco a Dione Cassio coi luoghi quivi indicati, ad uno de’ quali v’é una nota, dove si dice che tal uso è stato illustrato, dimostrato ec. dal Perizonio, ad Elian. ec).1 e in parte ancora l’uso del medesimo avverbio ne’ significati da me notati e illustrati nelle Annotazioni all’Eusebio del Mai, e nelle postille al Fedone di Platone sul fine ec. (10 gennaio 1824). Presso Euripide il Tusano
- ↑ ἂλλως per falso, frustra in un luogo di Alessi Comico ap. Ateneo, l. XIII, p. 562, D, fine. male inteso dal Dalechampio.