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338 | pensieri | (3966-3967) |
l’ha prima della letteratura, quanto alla bellezza del suono materiale ec. questo è un sogno, perché a tutti i popoli e parti di essi è piú bello degli altri suoni quello che gli è dettato dalla natura, e quindi quello del dialetto nativo, e imparato nella fanciullezza ec.), e non per causa della preponderante letteratura e scrittori attici, la qual causa a’ tempi d’Omero ec. non esisteva, anzi Atene non aveva, che si sappia, scrittore alcuno, non che n’abbondasse particolarmente ec. Neanche era potente, né commerciante, né, che si sappia, assai culta o piú culta degli altri, seppure aveva cultura alcuna notabile. Bensí lo erano gl’ioni ec. e questo appunto produsse o fece possibile un Omero ec. Se poi hanno altre prove della detta proposizione, certo ragionano a rovescio, pigliando per effetto la causa, e per causa l’effetto. Poiché se quello fu allora il dialetto attico, ciò venne appunto perch’esso aveva avuto scrittori e letteratura, e cosí fattosi comune ec., ovvero a causa del commercio e potenza e della coltura degl’ioni, alla qual coltura non avrà poco contribuito la stessa letteratura che n’aveva avuto origine ec. Del resto gli attici erano molto facili ad adottare le voci e modi greci stranieri, e anche i barbari, almeno ne’ tempi susseguenti; e lo dice Senofonte in un luogo da me citato e discusso altrove (9 decembre 1823, Vigilia della Venuta della Santa Casa di Loreto). (3967)
* L’infinito per l’imperativo, del che altrove. Hippocrates in fine libri de aere aquis et locis. Ἀπὸ δὲ τουτέων τεκμαιρόμενος, τὰ λοιπὰ ἐνθυμέεσθαι, καὶ οὐχ ἁμαρτήση. Sono le ultime parole del libro (10 decembre, dí della Venuta della Santa Casa, 1823). Questo modo è frequentissimo in Ippocrate da per tutto, come precettista ch’egli è.
* Diminutivi positivati. Taureau. Molti de’ diminutivi ch’io chiamo positivati potranno ben trovarsi