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296 | pensieri | (3921-3922) |
vivi. Quindi tanto piú capaci di viva distrazione ed occupazione, e di poter fortemente divertire l’operazione interna dell’amor proprio e del desiderio di felicità sopra loro stessi e sul loro animo. La qual potenza ridotta in atto è uno de’ principalissimi mezzi, anzi forse il principal mezzo di felicità, o di minore infelicità conceduto ai viventi (io considero quelli che si chiamano piaceri come utili e conducenti alla felicità, solo in quanto distrazioni forti e vivi divertimenti dell’amor proprio (ché infatti essi non sono utili in altro modo) e tanto piú forti distrazioni, quanto piú vivi e forti sono essi piaceri, cosí chiamati, e maggiore il loro essere di piacere e la sensazion loro piú viva. I deboli sono incapaci di piaceri forti, o solo di rado e poco frequenti, e men forti sempre che non ne provano i vigorosi, perché la lor natura non ha la facoltà o di sentire piú che tanto vivamente, o di sentire piacevolmente quando le sensazioni sieno piú che tanto vive). Se l’uomo forte in qualunque modo è privo, per qualunque cagione, di piaceri, o di piaceri abbastanza forti, e di sensazioni vive, e di poter mettere in opera la sua facoltà di azione, o di metterla in opera piú che il debole, egli è veramente piú infelice che il debole, e soffre (3922) di piú. Perciò, fra le altre cose, nel presente stato delle nazioni e quanto alla sua natura, i giovani sono generalmente piú infelici dei vecchi, e questo stato è piú conveniente e buono alla vecchiezza che alla giovanezza. L’uomo forte è meno infelice del debole in uguali dispiaceri e dolori; piú infelice s’egli è privo di piaceri, o di piaceri piú vivi e frequenti che non son quelli del debole. Egli è piú atto a soffrire, e meno atto a non godere; o vogliamo dire men disadatto all’uno e piú disadatto all’altro.
Ma oltre di tutto ciò, bisogna accuratamente distinguere la forza dell’animo dalla forza del corpo. L’amor proprio risiede nell’animo. L’uomo è tanto piú