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(3841-3842) | pensieri | 225 |
ferto, sia provenuto da loro e ch’essi avessero potuto altrimenti se avessero voluto; la quale opinione e il qual pentimento è la piú amara parte che possa trovarsi in qualunque abituale o attuale infelicità o sventura o privazione ec. e il colmo dell’infelicità.
Spettano a questo discorso e nascono dalle psicologiche cagioni e principii, e dagl’interni avvenimenti e circostanze sviluppate di sopra, gran parte delle monacazioni ec. di giovani, e lo sceglier di vivere in casa o in campagna, e i ritiri dalla società ec. fatti nel principio della gioventú, massime da persone vive e sensibili ec. e resi poi necessarii a continuarsi, per l’abitudine, per li rispetti umani, per l’imperizia, che ne segue, del conversare, per il timor (3842) panico dell’opinione, del ridicolo ec. che suole accompagnare lo straordinario, la novità, il cominciare, il mutar proposito e vita in tempo, in età non conveniente, non ordinaria al cominciare, o al nuovo proposito e vita per se medesima ec. ec. (5 novembre 1823).
* Alla p. 2779 margine, fine. Che βούλω attivo esistesse una volta confermasi con argomento non solo di analogia, ma di fatto, cioè che βούλομαι trovasi anche usato in senso passivo. Dunque, s’egli è passivo, ei dovette nascere da un attivo, ed avere il suo attivo onde egli fosse il passivo. Vedi Creuzer Meletemata e Disciplina antiquitatis, par. II, Lips., 1817, p. 55, fine-56, init. (6 novembre 1823).
* Sempre che l’uomo pensa, ei desidera, perché tanto quanto pensa ei si ama. Ed in ciascun momento, a proporzione che la sua facoltà di pensare è piú libera ed intera e con minore impedimento, e che egli piú pienamente ed intensamente la esercita, il suo desiderare è maggiore. Quindi in uno stato di assopimento, di letargo, di certe ebbrietà,1 nell’accesso e recesso