se stessa, perché ha avuto ed ha necessariamente infinite forme, e queste sempre variabili e variate; non è una in nessuna delle sue forme, perché in ciascuna di queste v’ha mille varietà che diversificano l’una dall’altra necessariamente le parti che la compongono, chi comanda da chi ubbidisce, chi consiglia da chi è consigliato ec. ec. Nella società l’uomo perde quanto è possibile l’impronta della natura. Perduta questa, ch’è la sola cosa stabile nel mondo, la sola universale o comune al genere o specie, non v’ha altra regola, filo, canone, tipo, forma, che possa essere stabile e comune, alla quale tutti gl’individui agguagliandosi, sieno conformi tra loro ec. ec. La società rende gli uomini, non pur diversi e disuguali tra loro, quali essi sono in natura, ma dissimili. Onde anche per questo argomento si conchiude che l’essenza e natura della società, massime umana, contiene contraddizione in se stessa; perocché la società umana naturalmente distrugge il piú necessario elemento, (3810) mezzo, nodo, vincolo della società, ch’è l’uguaglianza e parità scambievole degl’individui che l’hanno a comporre; o vogliamo dire accresce per proprietà sua la naturale disparità de’ suoi subbietti, e l’accresce tanto che li rende affatto incapaci di società scambievole, di quella medesima società che gli ha cosí diversificati, anzi d’ogni società, anche di quella che per natura sarebbe stata loro e possibile e destinata e propria; insomma, per tornare al principio di questo discorso, rende i suoi soggetti quali son quelli tra’ quali naturalmente no society, anzi fa piú, perché se la società, secondo Milton, è impossibile tra disuguali, essa li rende dissimili. E in verità niuno animale meno che l’uomo ha ragion di chiamare suoi simili gl’individui della sua specie, né ha piú ragione di trattarli come dissimili, e come individui di specie diversa. Il che egli non manca di fare. E il farlo, com’ei lo fa ordinariamente, mas-