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12 pensieri (3535-3536-3537)

dati nella battaglia; allora la indifferenza esteriore e l’operar non altrimenti che se il pericolo non fosse, non è debito del coraggio, anzi all’opposto; ma è bensí debito del coraggio la perfettissima calma interiore, la quale lasci le facoltà dell’anima pienamente  (3536) libere di attendere a quello che fa bisogno contra il pericolo, senza che alla cura che si dee porre in combatterlo si mesca neppure il menomo turbamento per la dubbiosa espettativa del successo. E le operazioni esteriori debbono esser cosí riposatamente fatte come quelle che si fanno a qualunque altro fine. E in esse operazioni una certa avventatezza, un ardir temerario, un affrontare il pericolo piú che non bisogna, un prenderne maggior parte che non è duopo, un accrescere irragionevolmente esso pericolo, un gittarsi via fuor di proposito e simili azioni che paiono segni ed effetti di sommo coraggio, sono assai sovente tutto l’opposto, cioè segni ed effetti del timore, come quell’allegria di cui s’è parlato di sopra. Perocché tali atti vengono da un’impazienza, da una fretta di veder l’esito, cioè d’uscir del pericolo col passargli, per cosí dire, per lo mezzo; da una confusione dell’anima, dal non poter tollerare la calma della riflessione a causa del turbamento che si prova, e ch’essa riflessione accrescerebbe; dal non essere in istato di considerare, come si dovrebbe, per aver l’animo sossopra; insomma dal  (3537) non trovarsi in pieno riposo di spirito e libero da ogni passione, come vuole il perfetto coraggio, ma per lo contrario sentire una passione, la quale preferisce e trova piú facile e tollerabile uno sforzo, ancorché difficile e pericoloso, che una riposatezza, che le riesce intollerabile e troppo penosa, e non solo difficile ma impossibile (come ogni passione per natura è incapace di riposatezza e l’esclude per la sua propria nazione, e spinge all’energico, allo sforzo ec.). E questa tal passione qual è? e qual può essere? non altro che il timore. Un tal animo è tur-