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(2880-2881-2882) pensieri 53

e inseriamo il v a nostro piacere, o ch’esso veramente, secondo l’etimologia appartenga loro o che no, e talvolta l’inseriamo sempre e costantemente in voci a cui esso non appartiene, o lo passiamo pur sempre e costantemente sotto silenzio in quelle voci dov’esso dovrebb’essere ed era. E in questo particolare v’é frequentissima discordanza tra le pronunzie e dialetti delle provincie, città, individui d’Italia, tra gli antichi autori e i moderni, tra l’antico parlare e il moderno, tra il moderno parlare e lo scrivere ec. (2 luglio 1823).  (2881)


*   Traduzione del passo soprascritto di Dionigi d’Alicarnasso fatta da Pietro Giordani nella Lettera al Chiarissimo Abate Giambattista Canova sopra il Dionigi trovato dall’Abate Mai. Milano, per Giovanni Silvestri, 1817. p. 30-31. <<Ma Ellanico Lesbiese dice che Ercole menando ad Argo i buoi di Gerione, e già trovandosi in Italia, poiché un bue sbrancatosegli della greggia fuggendo corse tutta la spiaggia, e notando per lo stretto del mare in Sicilia arrivò; esso Ercole interrogando i paesani, dovunque nel correr dietro al bue passava, se alcuno lo avesse veduto; e quelli poco intendendo la favella greca, e per gl’indizi ch’Ercole ne dava chiamando essi quell’animale nella nativa lor lingua Vitulo (come anch’oggi si chiama): accadde che dal vocabolo di quella bestia, tutto il paese ch’ella corse fosse nominato Vitulia (il greco dice ch’Ercole medesimo cosí nominollo, e dice Vitalia). Che poi il nome col tempo si mutasse nella presente forma, non è da maravigliare, quando molti de’ vocaboli greci cosiffatte mutazioni patirono (2 luglio 1823).  (2882)


*   È notabile come lo spagnuolo atar abbia conservato il proprio e primitivo significato di aptare, cioè legare, significato che, benché proprio e primitivo, pur non è molto frequente negli autori latini, anzi un esempio che faccia veramente al caso non mi pare