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416 | pensieri | (3485-3486-3487) |
e romanzi d’intreccio), l’intervento sí frequente degli Dei o semidei ec. ec. I moderni drammatici, come gli altri poeti, come i romanzieri ec., si propongono di agir sul cuore, ma gli antichi tragici, non men che gli altri antichi, sulla immaginazione. Questa osservazione, che non si può negare, basta a far giudizio quanto debbano essenzialmente differire i caratteri dell’antico e del moderno dramma, con che diversi canoni si debba giudicar dell’uno e dell’altro, quanto sia assurdo il tirar le moderne poesie drammatiche a parallelo d’arte ec. colle antiche, quasi appartenessero a uno stesso genere, ch’è falsissimo. Gli antichi tragici non vollero altro che por sotto gli occhi e l’immaginazione degli spettatori quasi un volcano ardente o altro (3486) tale terribile fenomeno o singolarità della natura, che niente ha che fare con quelli che lo riguardano. Essi rappresentavano cosí quelle sciagure, quelle colpe, quelle passioni, quelle prodezze, come meteore spaventevoli che gli spettatori potessero contemplare senza pericolo di nocumento, provando il piacer della maraviglia e dello spaventoso, impotente a nuocere, senza però trovare né dover trovare alcuna conformità o somiglianza fra esse sciagure ec. e le lor proprie, o quelle de’ lor conoscenti, anzi neppur de’ loro simili e degl’individui della loro specie.
Da queste osservazioni si dee raccogliere per qual ragione non si trovi, e come sia vano il cercare, e piú il pretendere di trovare, nelle antiche tragedie, que’ dettagli, quelle gradazioni quella esattezza nella pittura e nello sviluppo e condotta delle passioni e de’ caratteri, che si trovano nelle moderne; anzi neppur cosa alcuna di simile o di analogo.
Queste osservazioni possono in parte applicarsi anche alle antiche commedie, massime a quella (3487) che in Atene si usò da principio e che poi fu chiamata propriamente antica, ἀρχαία. Neppure questa mirava a mettere i personaggi in relazione cogli spettatori, se