ch’e’ ricevessero la loro religione, essa mitologia alla religion latina apparteneva niente meno che alla greca, e nel Lazio non meno che in Grecia era cosa popolare e creduta dal popolo. Laonde se questa o quella favola adoperata, accennata ec. dagli scrittori o poeti latini, fu tolta da’ greci, o ch’ella fosse stata primieramente e di netto inventata da qualche greco poeta, o che in Grecia e non nel Lazio ella fosse sparsa ec., non perciò segue che la mitologia dagli scrittori latini usata non fosse, com’ella fu, altrettanto latina che greca. Perocché il fabbricare, per dir cosí, sul fondamento delle opinioni popolari, fu sempre lecito ai poeti, anzi fu loro sempre prescritto. Laonde se i poeti latini fabbricarono su tali opinioni popolari nazionali, o dell’altrui fabbriche si servirono, o rami stranieri innestarono sul tronco domestico, niuno di ciò li dee riprendere. Né perciò (3462) essi vollero introdurre un nuovo genere di opinioni popolari nella nazione e farne materia di lor poesia; né supposero falsamente un genere, un sistema di opinioni popolari che nella nazione non esisteva, ma su di quel ch’esisteva in effetto innestarono, fabbricarono, lavorarono. Similmente i greci, da qualunque luogo pigliassero la loro mitologia, certo è che di là presero eziandio la loro religione popolare, e che tra’ greci il sistema greco religioso e mitologico, quanto alla sostanza, alla natura, alla principal parte ed al generale, non fu prima de’ poeti che del popolo. E se i letterati greci si giovarono, come si dice, delle letterature o dottrine ec. egizie, indiane o d’altre genti, non adottarono perciò nelle loro finzioni ch’avessero ad esser popolari e nazionali ec. le mitologie d’esse nazioni. L’aver noi dunque ereditato la letteratura greca e latina, l’esser la nostra letteratura modellata su di quella, anzi pure una continuazione, per cosí dire, di quella, non vale perch’ella possa ragionevolmente usare la mitologia greca né latina al modo che quegli