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(3443-3444-3445) | pensieri | 391 |
* Quante volte diss’io Allor pien di spavento, Costei per fermo nacque in paradiso. Petrarca, Canz. Chiare fresche e dolci acque. Καὶ γελάϊς δ’ ἱμερόεν· τό μοι ’μὰν Καρδίαν ἐν στήθεσιν ἐπτόασεν Saffo ap. Longin., sezione 10. È proprio dell’impressione che fa la bellezza (3444) (e cosí la grazia e l’altre illecebre, ma la bellezza massimamente, perch’ella non ha bisogno di tempo per fare impressione, e come la causa esiste tutta in un tempo, cosí l’effetto è istantaneo) è proprio, dico, della impressione che fa la bellezza su quelli d’altro sesso che la veggono o l’ascoltano, o l’avvicinano, lo spaventare; e questo si è quasi il principale e il piú sensibile effetto ch’ella produce a prima giunta, o quello che piú si distingue e si nota e risalta. E lo spavento viene da questo, che allo spettatore o spettatrice, in quel momento, pare impossibile di star mai piú senza quel tale oggetto, e nel tempo stesso gli pare impossibile di possederlo com’ei vorrebbe; perché neppure il possedimento carnale che in quel punto non gli si offre affatto al pensiero, anzi questo n’è propriamente alieno; ma neppur questo possedimento gli parrebbe poter soddisfare e riempiere il desiderio ch’egli concepisce di quel tale oggetto, col quale ei vorrebbe diventare una cosa stessa (come profondamente, benché in modo scherzevole, osserva Aristofane nel Convito di Platone), ora ei non vede che questo possa mai essere. (3445) La forza del desiderio ch’ei concepisce in quel punto l’atterrisce per ciò ch’ei si rappresenta subito, tutte in un tratto, benché confusamente, al pensiero le pene che per questo desiderio dovrà soffrire; perocché il desiderio è pena, e il vivissimo e sommo desiderio, vivissima e somma, e il desiderio perpetuo, e non mai soddisfatto, è pena perpetua. Ora a lui pare e che quel desiderio non sarà mai soddisfatto (o non ne vede il come, e gli par cosa troppo ardua e difficile e improbabile), e ch’esso non sarà mai per estinguersi