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(3437-3438) | pensieri | 387 |
tutto l’avvenire, non aveva a cessar mai. Le grandi illusioni onde gli antichi erano animati non permettevano loro di contentarsi di un effetto piccolo e passeggero, di procurare un effetto che avesse a durar poco, instabile, breve; di soddisfarsi d’una idea ristretta a poco piú che a quello ch’essi vedevano. L’immaginazione spinge sempre verso quello che non cade sotto i sensi. Quindi verso il futuro e la posterità, perocché il presente è limitato e non può contentarla, è misero ed arido, ed ella si pasce di speranza, e vive promettendo sempre a se stessa. Ma il futuro per una immaginazione gagliardissima non debbe aver limiti; altrimenti non la soddisfa. Dunque ella guarda e tira verso l’eternità.
Fu proprio carattere delle antiche opere manuali la durevolezza e la solidità, delle moderne la caducità e brevità. Ed è ben naturale in un’età egoista. Ell’é egoista perché disingannata. Ora il disinganno, (3438) come fa che l’uomo non pensi se non a se, cosí fa che non pensi se non quasi al presente; di quello poi che sarà dopo di lui non si curi punto né poco. Oltre che l’egoista è vile, sí per l’egoismo, sí per altre parti e cagioni. E l’età moderna ch’é quella del despotismo tranquillo, incruento e perfezionato, come può non essere abbiettissima? Ora un animo basso non si sa levar alto, né proporsi de’ fini nobili, né cape l’idea dell’eternità in menti cosí anguste, né l’uomo abbietto può riporre la sua felicità nel conseguimento d’obbietti sublimi.
Ne’ tempi intermedi fra l’antico e il moderno, osservando i monumenti materiali che n’avanzano, si trovano evidenti segni e dell’antiche illusioni e del sopravvegnente disinganno. Si vede anche grandissima solidità in molte barbariche opere de’ bassi tempi (anche private, anzi per lo piú tali) certo a paragone delle moderne. Chi può paragonare la solidità di queste con quella degli edifizi pubblici o privati del cin-