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(3406-3407-3408) pensieri 369

condizioni, né anche queste (che sono in molto maggior numero dell’altre sopraddette) non riuscirebbero né latinismi né grecismi ec. per le stesse ragioni.  (3407) Ovunque si senta latinità, grecità, ec. o un sapore di non nazionale, indipendentemente dalle cognizioni ec. del lettore, e per propria qualità della parola o frase, o del modo in ch’ella è adoperata, quivi è latinismo, grecismo ec., quivi barbarismo, quivi sempre vizio. E siccome nei contrarii casi suddetti, malgrado la vera novità, niun vizio, anzi pregio vi sarebbe; cosí, in questo caso, niun pregio sarebbevi, e sempre vizio, quando anche la novità non fosse vera, cioè quando bene quella tal parola ec. avesse già esempio d’autor classico nazionale, e n’avesse ancor molti; sia che in tutti questi ella stesse parimente male, o che stando bene in questi, ella stesse male nel dato caso, perché non intelligibile o difficile a intendere, perché male adoperata, e senza i debiti riguardi, e in occasione e con circostanze non opportune ec. Similmente accade e si dee discorrere intorno alle parole antiquate. La novità in una lingua o la rarità ec., insomma il pellegrino, da qualunque luogo sia tolto (o da’ forestieri o dagli antichi classici nazionali ec.), deve sempre parere una  (3408) pianta bensí nuova nel paese o rara, ma nata nel terreno medesimo della lingua nazionale, e non pur della nazionale, ma della lingua di quel secolo, della lingua conveniente a quel genere a quello stile a quel luogo della scrittura. Sempre ch’ella par forestiera (e recata d’altronde) per qualunque ragione, e in qualunque di questi sensi, ella è cattiva. Nel caso contrario è sempre buona.

Lo studio della lingua greca, latina, spagnuola, applicato a quello dell’italiana, non ci deve servire a latinizzare, grecizzare ec. in niuna parte (sensibilmente) la nostra lingua. Esso ci deve servire e ci serve mirabilmente a conoscere in quanti modi, niuno per anche usato, si possa usare e rivolgere questa lin-